“POS obbligatorio, ci si può rifiutare”

“POS obbligatorio, ci si può rifiutare”

Il POS che in inglese sta per point of sale è una soluzione di pagamento elettronico. Grazie al POS, terminale di pagamento elettronico, i clienti possono pagare in un negozio fisico (bar, punto vendita) attraverso carte di credito, carte di debito, carte prepagate e altri sistemi di pagamento elettronici.

In Italia l’obbligo di dotarsi di POS risale al governo Monti, decreto legge n. 179 del 2012. Solo nel giugno 2014 diventa obbligatorio per tutti gli esercenti, imprese e professionisti, ristoranti, commercianti, bar,  favorire il pagamento mediante POS a seguito della richiesta del cliente.

Nella prima introduzione era necessario che la richiesta di pagamento tramite POS fosse fatta dal debitore, non erano previste sanzioni ed era altresì previsto un limite di spesa e di pagamento di € 30,00. Tuttavia proprio la non previsione di sanzioni e quindi la possibilità da parte del professionista, commerciante di rifiutarsi e di non incorrere in nessuna sanzione ha portato di fatto ad una scarsa utilizzazione della moneta elettronica.

Con la legge di stabilità del 2016 si  è ridotto il limite di 30,00 euro di spesa abbassandolo a € 5,00. Si è inoltre cercato di prevedere sanzioni destinate ai soggetti che non si attenevano alla normativa. Il governo Renzi – Gentiloni ha provato a delineare un sistema sanzionatorio per i soggetti che rifiutano di accettare pagamenti con  moneta elettronica. L’ipotesi era quella di applicare la sanzione prevista dall’art. 693 del codice penale in caso di mancata accettazione di moneta avente corso legale in Italia. Multa pari a € 30,00 per ciascuna transazione rifiutata. Quindi l’ipotesi era quella di applicare la sanzione prevista dall’art. 693 del Codice penale che stabilisce che “chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a € 30,00”.

Tuttavia il Consiglio di Stato ha bocciato la disposizione per evidente antitesi con l’art. 23 Costituzione. E’ dunque necessario occorre individuare una sanzione propria che non sia connessa all’utilizzo della moneta. Ad oggi siamo di fronte ad un obbligo che esiste solo sulla carta e la cui inosservanza non comporta conseguenze. Quindi ad oggi ci si può anche rifiutare di accettare pagamenti con strumenti diversi dal denaro contante.

Altra considerazione che a mio avviso va fatta è che non si può pretendere di fare la lotta all’evasione, perché di questo stiamo parlando, limitando l’uso del denaro contante il tutto però gravando gli operatori economici di tutti i costi ad esso connessi. Se si vuole combattere l’evasione con questo strumento va bene, ma si deve fare azzerando totalmente i costi di commissione sulle transazioni, a mio avviso di qualunque importo si tratti. Non si può pensare che il commerciante sostenga l’onere relativo al costo di installazione del POS, il canone mensile, il costo della singola transazione, il tutto per consentire allo Stato di raggiungere il suo obiettivo. Ci può stare assolutamente bene che questo sia il fine ma è evidente che lo si debba raggiungere senza “danneggiare” e “gravare” le realtà produttive e professioni, grandi e piccole,  di questo paese.

Pertanto concludiamo affermando che attualmente è assolutamente possibile e legittimo rifiutarsi di accettare pagamenti con strumenti elettronici.

Le spese di PMA

“Quattro chiacchiere sulle detrazioni fiscali per spese relative alla Procreazione medicalmente assistita, prendendo spunto da una unione civile”

      Qualche giorno fa al mio studio si è rivolta una coppia unita civilmente.

L’unione civile, nel nostro ordinamento, è un istituto di diritto pubblico comportante il riconoscimento giuridico della coppia formata esclusivamente da persone dello stesso sesso e finalizzato a stabilirne diritti e doveri reciproci.    L’istituto è stato approvato in Parlamento l’ 11 maggio 2016 ed entrato in vigore il 5 giugno 2016. Pertanto l’istituto dell’unione civile è destinato a persone dello stesso sesso.

Da un punto di vista fiscale questa coppia può utilizzare il mod. 730 congiunto, con la specifica previsione nel modello stesso di detta possibilità. Quindi per questo adempimento equiparazione alle coppie “coniugate”.

Affrontiamo, pur partendo da questo aspetto, la problematica che mi si è posta e che assume a mio avviso maggior rilievo.

Ora, le considerazioni che seguono prescindono dal tipo di coppia, perché la discriminazione è ben maggiore e riguarda il singolo individuo.

Parliamo dunque delle spese mediche e delle detrazioni per spese mediche. Domandiamoci in via preliminare perché il diritto tributario prevede le detrazioni fiscali e in particolare le detrazioni per spese mediche. Quale è il principio alla base delle detrazioni ?

Le detrazioni, che determinano  una riduzione dell’imposta dovuta, riguardano talune tipologie di spese sostenute dal contribuente. Partendo dalla considerazione che essendo l’irpef  un’imposta personale, ossia che tiene conto della situazione economica e sociale del contribuente, attua attraverso le deduzioni, che riducono la base imponibile, e le detrazioni, che riducono l’ammontare dell’imposta, il rispetto dell’effettiva capacità contributiva di ciascun contribuente.

In particolare la detrazione si calcola applicando alla spesa sostenuta una determinata percentuale e sottraendo l’importo così calcolato dall’imposta.

Qual è la discriminante ai fini della determinazione della detrazione?

Naturalmente è il tipo di spesa, ossia la spesa sanitaria in quanto tale, ossia la spesa sostenuta per prestazioni mediche o per l’acquisto di farmaci o di protesi. Quindi la ratio alla base delle disposizioni di cui sopra è rimodulare la capacità contributiva del contribuente.

Ma il nostro ordinamento tributario che fa ?  stabilisce che non tutti i contribuenti sono uguali, non tutti devono partecipare secondo un identico principio costituzionale e arriviamo  dunque all’argomento che mi preme trattare.

L’elenco delle spese sanitarie detraibili è stato più volte affrontato e elencato dalle circolari ministeriali dell’Agenzia delle Entrate. Ma attenzione a quando si parla di spese mediche sostenute per gli interventi di procreazione medicalmente assistita (PMA), perché  in questo caso non si parla più di spesa medica sostenuta dal contribuente ma ci inoltriamo in un terreno minato e a mio avviso senz’altro discriminatorio.

Vediamo cosa prevede la normativa.

La spesa per gli interventi di procreazione medicalmente assistita è detraibile da entrambe i componenti della coppia. La detrazione spetta anche per le prestazioni di crioconservazione di ovociti e degli embrioni. Le spese sono detraibili anche quando sostenute all’estero. Ma qui la circolare cosa stabilisce ?  La  circolare Ade n. 13/2019 stabilisce che le prestazioni siano eseguite per le finalità consentite in Italia. Quindi nel nostro paese la detrazione della spesa sanitaria è soggetta ad una ulteriore discriminante che è quella che in materia di procreazione medicalmente assistita è stabilita dalla legge n. 40 del 2004, che ha dettato disposizioni in tema di accesso alla PMA.

Ora è per me chiaro che la limitazione alla possibilità della detrazione della spesa che non vale per tutti i contribuenti, e nello specifico per le coppie dello stesso sesso, è in quanto tale una violazione di precise norme costituzionali in tema di capacità contributiva come disciplinato dall’art. 53 della Costituzione e non solo.  L’articolo in oggetto stabilisce al primo comma che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Inoltre non ci dimentichiamo che l’art. 3 della Costituzione stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Quindi tutti dobbiamo essere trattati nello stesso modo, non devono esserci discriminazioni.   Ora per capacità contributiva di cui all’art. 53 cost. deve intendersi l’idoneità economica del contribuente a corrispondere la prestazione coattiva imposta.   L’art. 53  ha una funzione solidaristica, il tributo è un dovere di convivenza sociale, di cooperazione tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo sociale al fine di partecipare alle spese comuni.

Alla base dovrebbe esserci il principio di uguaglianza e la discriminante, per cui  possano  esserci trattamenti in apparenza differenti rispetto ad alcune fattispecie,  non  deve  e  non  dovrebbe riguardare la tipologia della spesa. Una spesa per prestazione medica è tale a prescindere. Il soggetto è il contribuente in quanto tale.

Chiaramente chi scrive ha una certa amarezza nel prendere atto che ci sia una discriminazione tra soggetti e che nello specifico, per quanto riguarda le spese mediche, ci sia un contribuente di serie A e uno di serie B.

Ovviamente il mio è solo un intervento di riflessione e come comportarsi di fronte a questa evidenza è lasciato alla libertà del singolo, se forzare   assumendo le eventuali e possibili  conseguenze negative legate al non riconoscimento di spesa o adeguarsi ad una disposizione tributaria fortemente ingiusta e discriminatoria. Ma i cambiamenti richiedono sempre una presa di posizione !!!!.

 

 

 

 

Ristrutturazioni edilizie

RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE 2019
AGEVOLAZIONI
Gli interventi di recupero sul patrimonio edilizio, sia che effettuati su singole unità abitative sia effettuati su parti comuni per gli edifici condominiali, beneficiano di agevolazioni fiscali. Agevolazioni che si sono ripetute e rinnovate nel corso degli anni.
Anche la legge di bilancio 2019 ha prorogato la detta agevolazione, rinviando fino al 31 dicembre 2019 la possibilità di fruire della maggiore detrazione irpef 50 % e del limite di spesa massimo pari a € 96.000,00, per ciascuna unità immobiliare. A partire dal 1 gennaio 2020, salvo variazioni, la detrazione scenderà al 36 % e il limite massimo di spesa scenderà altresì a € 48.000,00, per ciascuna unità immobiliare.
Ulteriore obbligo previsto a partire dal 2018 è quello di trasmettere all’ENEA le informazioni sui lavori effettuati, così come previsto per gli interventi di riqualificazione energetica.
A chi è destinato il suddetto beneficio. Non solo ai proprietari o nudi proprietari dell’immobile, o meglio dell’unità abitativa, ma ai titolari di diritti reali di godimento, quindi ai titolari di diritto di usufrutto, uso, abitazione o superficie, nonché ai titolari di diritti personali di godimento e quindi anche al locatario o comodatario.
Inoltre hanno diritto alla detrazione, a condizione che sostengano la spesa ossia che materialmente provvedano ad effettuare il pagamento, il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile. Unica condizione è che il familiare convivente sia o il coniuge o un parente entro il terzo grado o un affine entro il secondo grado, ossia viene stabilito un limite nell’estensione del grado di parentela.
Spetta la detrazione anche al componente dell’unione civile, unioni introdotte nel nostro ordinamento con la L. n. 76/2016.
Quindi la detrazione compete anche per le abitazioni comunali anche se intestate al proprietario dell’immobile. E’ necessario dunque che il beneficiario della detrazione abbia titolo idoneo, ne sostenga la spesa e sia intestatario delle fatture e dei bonifici.
Gli interventi per i quali compete l’agevolazione sono molto ampi.
Si parla di lavori di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia.
Gli interventi agevolabili sono quelli previsti e dettagliati dal Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
Precisiamo che non sono agevolabili gli interenti quando gli stessi sono considerati nel complesso “nuova costruzione” perché determinano un ampliamento della volumetria, qualora infatti la ristrutturazione avviene senza demolire l’edificio esistente, e con ampliamento dello stesso, la detrazione spetta solo per le spese riguardanti la parte esistente. L’ampliamento configura nuova costruzione e quindi non è ammesso al beneficio fiscale. Si pone il problema poi di individuare quale parte dei lavori, per spesa, si riferisce a ristrutturazione e quale a ampliamento e quindi non ammessa al beneficio.
Sono ammessi al beneficio fiscale gli interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, purchè sia dichiarato lo stato d’emergenza. Stato di emergenza che ricordiamo deve essere dichiarato dal Consiglio dei Ministri in modo autonomo, senza bisogno di ricorrere al Parlamento. E’ il Presidente di regione che lo richiede.
Sono altresì agevolabili i lavori finalizzati alla eliminazione di barriere architettoniche nonché quelli finalizzati a favorire la mobilità interna o esterna all’abitazione per le persone con disabilità grave.
Sono equiparabili i lavori di cablatura degli edifici e i lavori destinati al contenimento dell’inquinamento acustico, di bonifica dell’amianto.
Sono altresì agevolabili gli interventi per l’adozione di misure antisismiche, con particolare riguardo all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica. Si precisa che per le opere relative a interventi di adozione di misure antisismiche sono previste detrazioni più elevate, dunque con percentuali più elevate di detrazione e la possibilità di essere utilizzate fino al 31 dicembre 2021. Queste agevolazioni sono note come sisma bonus.
E’ importante sottolineare che oltre alle spese necessarie per l’esecuzione dei lavori è possibile portare in detrazione anche le spese accessorie, quali progettazione, acquisto di materiali, spese per la conformità dei lavori, gli oneri di urbanizzazione, necessarie all’esecuzione dei lavori stessi.
AGEVOLAZION IVA
Tra le agevolazioni nell’ambito dei lavori di ristrutturazione rientra l’applicazione dell’IVA ridotta. IVA che si applica oltre che sulle prestazioni di servizi anche sulle cessioni di beni ceduti nell’ambito del contratto di appalto. Tuttavia se sono ceduti anche beni di “valore significativo” occorre fare un calcolo particolare perché l’IVA agevolata si applica sulla differenza tra il valore complessivo della prestazione e quello dei beni stessi.
REGOLE PER AVERE LA DETRAZIONE
Fino al 31 dicembre 2019 il limite di spesa massimo è di € 96.000,00 per ciascuna unità immobiliare e con la percentuale del 50 %.
Questo limite è annuale e riguarda il singolo immobile. Ciascun contribuente ha diritto a detrarre annualmente la quota spettante nei limiti dell’irpef dovuta per l’anno di riferimento. Non è ammesso il rimborso di somme eccedenti l’imposta. La detrazione deve essere riportata in 10 quote annuali di pari importo. Se in un anno non ho presentato dichiarazione perché non tenuto o perché la dichiarazione per la detrazione era incapiente, posso utilizzare la detrazione nei successivi periodi di imposta indicando il numero della rata corrispondente.
ADEMPIMENTI
Vediamo quali sono gli adempimenti previsti per ottenere la detrazione.
Occorre innanzitutto indicare in dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile per il proprietario che ha effettuato i lavori, ovvero gli estremi di registrazione dell’atto che ne determina il titolo di detenzione, qualora non si tratti del proprietario.
QUALI SONO LE COMUNICAZIONI OBBLIGATORIE
Innanzitutto va fatta comunicazione alla ASL, con le generalità del committente dei lavori, il luogo o la natura dell’intervento, dati identificativi della ditta che esegue i lavori. Questa comunicazione non è obbligatoria quando i decreti legislativi relativi alle condizioni di sicurezza nei cantieri non prevedono tale obbligo. Quindi per questa comunicazione va fatto riferimento a quanto prevedono le disposizioni sulla sicurezza.
Altra comunicazione introdotta dalla legge di bilancio 2018 è la comunicazione obbligatoria all’ENEA, comunicazione che riguarda le informazioni sui lavori effettuati. Per gli interventi terminati nel 2018 la comunicazione andava fatta entro il 1 aprile 2019 attraverso il sito intitolato a ristrutturazioni 2018.enea.
Per i lavori terminati nel 2019 la comunicazione va fatta entro 90 giorni dalla data di fine lavori attraverso il sito intitolato a bonuscasa2019.enea.
Per poter beneficiare della detrazione è importante effettuare i pagamenti tramite bonifico. Nella sezione dei bonifici, utilizzando il proprio conto on line c’è la possibilità di fleggare la sezione “bonifico per agevolazione fiscale” dove si devono indicare il codice fiscale o numero di partita IVA del beneficiario del pagamento e il codice fiscale del beneficiario della detrazione, oltre ad indicare la causale del pagamento che distingue tra lavori di ristrutturazione edilizia art. 16 bis del TUIR (917/86) oppure risparmio energetico.
Al momento del pagamento del bonifico la banca opererà una ritenuta dell’8% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori, la banca provvederà altresì in qualità di sostituto di imposta a versare la ritenuta d’acconto e a certificare la stessa con il rilascio del modello di certificazione unica e a trasmettere il mod. 770 con i dati di rilievo. Fare attenzione a rispettare tutto quanto previsto in termini procedurali per evitare di perdere il beneficio della detrazione.
Quindi è importante fare la comunicazione alla ASL se obbligatoria, la comunicazione all’Enea alla fine dei lavori o secondo i tempi previsti per i lavori effettuati prima del 2019. Per quanto riguarda il bonifico, qualora non si sia utilizzato il bonifico dedicato è possibile tuttavia beneficiare della detrazione a condizione che ci si faccia rilasciare, dal beneficiario del bonifico, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui il beneficiario dell’accredito attesti di aver ricevuto le somme e di averle incluse nella propria contabilità di impresa.