Effetti fiscali sui tempi del Concordato in bianco (codice della crisi Dlgs 14/2019) Interpello 904-335/2019 Senza il deposito del Piano i crediti svalutati non sono deducibili

Con il Codice della crisi (Dlgs 14/2019) assume una più chiara conformazione la procedura del concordato in bianco, cioè il concordato preventivo nel quale, la presentazione del piano per l’estinzione totale o parziale dei debiti, da parte del debitore che chiede di accedere alla procedura, non è contestuale alla presentazione della domanda per poter accedere alla stessa.

Proprio in considerazione di quanto sopra ci si chiede come il creditore deve comportarsi, civilisticamente e fiscalmente, nelle more tra la presentazione della domanda e la presentazione del piano, con riguardo al credito che vanta verso il debitore.

Questa situazione è stata oggetto di un interpello esaminato dalla Dre Lombardia nel corso del 2019, soprattutto quando non vi è coincidenza di anno tra la presentazione della domanda e la successiva presentazione del piano.

Quindi sono ben definiti i momenti della procedura di concordato in bianco: quello della presentazione della domanda e quello della apertura del concordato stesso. Infatti, mentre la presentazione della domanda e gli effetti della medesima sono disciplinati dagli articoli 44-46, la procedura di apertura del concordato è regolamentate da un’altra disposizione e precisamente dall’articolo 47.

L’iter del concordato in bianco, art. 44 Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, inizia quindi con un primo atto introduttivo, la presentazione della domanda di concordato cui consegue l’emanazione del decreto di concessione del termine, che permette di depositare il piano, atto successivo, entro trenta o sessanta giorni (prorogabili, su richiesta, di altri sessanta giorni). Nel frattempo, viene nominato il commissario giudiziale e vengono disposti una serie di obblighi e vincoli al fine di evitare atti da parte del debitore che possano pregiudicare una soluzione efficace della crisi.

Questa dualità temporale dà origine a dubbi circa il corretto comportamento da tenere in un lasso temporale che potrebbe avere durata non trascurabile (4 mesi) e che può certamente svilupparsi su due esercizi e periodi d’imposta diversi.

 

 

Gli effetti contabili e fiscali

Mentre sul piano contabile la sola presenza della domanda di concordato, qualora essa sia stata deposita entro il 31 dicembre (o comunque entro la fine dell’esercizio) comporta la necessità per il creditore di svalutare il credito e ciò in linea con le indicazioni previste nell’Oic 15, paragrafo 60, che, laddove il debitore abbia avviato procedure concorsuali, prevede la svalutazione analitica del credito , alimentando il fondo rischi su crediti.

Di contro sul piano fiscale l’avvio del concordato in bianco comporta considerazioni diverse. L’articolo a cui fare riferimento da un punto di vista fiscale è l’articolo 101, comma 5 del Tuir. La norma del Tuir fa riferimento come momento a partire dal quale il componente negativo può essere dedotto, al decreto di ammissione al concordato, ma va anche detto che l’attuale testo del Tuir risale a prima del 25 giugno 2012, data in cui con il Dl 93 è stato introdotto nella legge fallimentare il concordato in bianco. Considerando i rilevanti effetti concorsuali che si applicano con il decreto di concessione del termine per la successiva produzione del piano  si poteva, con buone ragioni, sostenere,  che a livello sostanziale già  la domanda di concordato e l’emanazione del decreto di concessione del termine,  determina l’avvio della  procedura  e da ciò l’automatica deduzione della perdita. Ma così non è.

Infatti la Dre Lombardia con l’interpello 904-335/2019, afferma che solo con la presentazione del piano e quindi con l’emanazione del decreto di ammissione al concordato scatta l’automatismo fiscale di cui all’art. 101 TUIR.

Pertanto, ribadiamo che gli effetti fiscali per la deduzione della perdita si determinano solo con il deposito del piano e conseguente decreto di ammissione.

di Roberta Coviello

 

Responsabilità in solido per gli oneri condominiali

L’individuazione del momento in cui sorge l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali rileva sotto due profili: a) nei rapporti interni tra alienante e acquirente, se gli stessi non si siano diversamente accordati (ma i patti tra loro intercorsi sono inopponibili al condominio); b) nei rapporti esterni con il condominio, ai fini della sussistenza della responsabilità solidale dell’acquirente di cui all’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., che è estesa «all’anno in corso e a quello precedente». È utile sottolineare che il termine «anno» adoperato dal legislatore al fine di delimitare l’estensione temporale della responsabilità solidale dell’acquirente è interpretato, anche dalla giurisprudenza, come riferito all’anno di esercizio della gestione condominiale, non necessariamente coincidente con l’anno solare. In sostanza, secondo l’ormai consolidata interpretazione, l’arco di tempo entro il quale si estende la suddetta responsabilità solidale dell’acquirente dipende in concreto dai limiti temporali stabiliti per l’esercizio condominiale dell’edificio di cui è parte l’immobile oggetto di acquisto: nella pratica, del resto, è frequente che l’esercizio condominiale si chiuda il 31 marzo o il 30 giugno di ogni anno anziché il 31 dicembre.

Perciò, per esempio, se l’unità immobiliare in regime di condominio è stata trasferita il 15 marzo 2020 e l’alienante ha debiti condominiali risalenti al mese di giugno 2018, l’acquirente può essere chiamato a risponderne solidalmente con il proprio dante causa se l’esercizio condominiale si chiude il 31 marzo di ogni anno. In questo caso, infatti, l’acquirente è solidalmente responsabile per i contributi condominiali relativi all’esercizio in corso al momento della vendita, che va dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2020, e per quelli relativi all’esercizio precedente, apertosi il 1° aprile 2018 e chiusosi il 31 marzo 2019.

È questo un aspetto rilevante perché se il riferimento all’anno, invece, fosse interpretato come relativo all’anno civile o a quello solare le conseguenze pratiche sarebbero diverse. Infatti se per anno si intendesse l’anno civile, nell’esempio proposto la responsabilità solidale dell’acquirente sarebbe esclusa perché riguarderebbe solo i debiti   dell’alienante relativi agli anni 2020 e 2019. Così pure, se per anno si intendesse l’anno solare, nel diverso caso in cui l’alienazione sia effettuata il 1° aprile 2020, vi siano debiti condominiali risalenti al 1° aprile 2018 e l’esercizio condominiale si chiuda il 31 marzo di ogni anno, l’acquirente sarebbe chiamato a rispondere di tutti i debiti condominiali dal 1° aprile 2018 al 1° aprile 2020 (mentre se l’anno è quello dell’esercizio condominiale l’acquirente è responsabile per i contributi condominiali relativi all’esercizio in corso (che va dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2021) e per quello precedente (apertosi il 1° aprile 2019 e chiusosi il 31 marzo 2020).

Un punto fermo nella determinazione dell’ambito temporale della responsabilità solidale dell’acquirente dell’unità immobiliare in condominio è che essa sia limitata al biennio precedente l’acquisto in forza della speciale disciplina prevista dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., che esclude l’applicazione dell’art. 1104, terzo comma, c.c. dettato in materia di comunione in generale.

Detta responsabilità, inoltre, è caratterizzata dal vincolo della solidarietà, in forza del quale l’amministratore del condominio può rivolgersi anche nei confronti dell’acquirente; visto dall’angolo visuale opposto, dunque, l’acquirente non può sottrarsi al pagamento dei contributi richiestigli dall’amministratore, quantunque nello stato di ripartizione a suo tempo approvato dall’assemblea compaia il nome del suo dante causa.

Tuttavia, la responsabilità dell’acquirente prevista dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. ha natura personale perché, per il periodo precedente l’acquisto, non può per lui configurarsi un’obbligazione propter rem dato che non è proprietario; egli, quindi, ha diritto di rivalersi nei confronti del suo dante causa per i contributi corrisposti al condominio maturati in epoca anteriore al proprio acquisto.

Tale circostanza sul piano teorico attenua la portata della responsabilità dell’acquirente ma, in concreto, non va trascurata la possibilità di un regresso infruttuoso qualora l’alienante non abbia altri beni aggredibili oltre quello alienato.

Riassumendo è evidente quanto sia importante che  nella fase istruttoria degli atti di alienazione di unità immobiliari in condominio, si informi l’acquirente della disciplina dettata dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. e lo si inviti a  cautelarsi chiedendo al suo dante causa di produrgli, nell’imminenza della stipula dell’atto, un’attestazione rilasciata dall’amministratore del condominio circa la regolarità dei pagamenti dei contributi condominiali da parte dell’alienante.

Il nuovo precetto va coordinato con un’altra novità introdotta dalla legge n. 220/2012 e segnatamente con l’art. 1130, primo comma, n. 6) c.c. che aggiunge alle attribuzioni dell’amministratore quella di «curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale». In sostanza, per effetto di tale disposizione, nell’ipotesi di trasferimento per atto tra vivi, a qualsiasi titolo, di unità immobiliari in regime di condominio, la trasmissione all’amministratore della copia autentica dell’atto di trasferimento è essenziale al fine della liberazione dell’alienante dall’obbligo di pagamento dei contributi condominiali. Ne consegue che, sino alla data di trasmissione della suddetta copia autentica, l’alienante è coobbligato con l’acquirente, nei confronti del condominio, per tutti i contributi condominiali sino ad allora maturati. La ratio della norma è di indurre l’alienante a cooperare fattivamente al tempestivo aggiornamento del registro di anagrafe condominiale e di evitare in tal modo di far gravare sull’amministratore l’attività e i costi conseguenti all’individuazione dei titolari delle unità immobiliari in condominio. Come ben sanno i  notai, però, pressoché contemporaneamente all’entrata in vigore della riforma, si è formata una importante prassi notarile che ha reso ancor più tempestiva l’applicazione dell’art. 63, ultimo comma, sopra citato. La finalità informativa cui la norma è preordinata, infatti, è stata soddisfatta mediante uno strumento equivalente a quello previsto dal legislatore, idoneo ad offrire le stesse garanzie di autenticità e certezza proprie della «copia autentica del titolo». Alludo alla cosiddetta dichiarazione di avvenuta stipula – rilasciata dai notai immediatamente dopo la conclusione dell’atto (e, eventualmente, la sua annotazione nel Repertorio) – contenente tutte le indicazioni utili all’amministratore di condominio ai fini della tenuta del registro di anagrafe condominiale.

L’utilità della dichiarazione di avvenuta stipula, peraltro, non è tanto legata al fatto che può essere predisposta più tempestivamente della copia autentica del titolo  quanto piuttosto alla circostanza che la stessa, a differenza del meccanismo previsto dalla legge, salvaguarda evidenti ragioni di riservatezza dei contraenti su aspetti dell’alienazione irrilevanti per la tenuta del registro dell’anagrafe condominiale: quali, per esempio, nel caso della compravendita,  l’entità del prezzo, le sue modalità di pagamento, l’eventuale intervento di uno o di entrambi i genitori dell’acquirente ai fini della corresponsione di una parte o dell’intero prezzo.

Sotto il profilo letterale, l’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., sembra riferirsi ai trasferimenti per atto tra vivi («chi cede …»).

Ci si è chiesti, quindi, se la norma si applichi anche ai trasferimenti mortis causa.

A prescindere dalla diverse tesi  è bene sottolineare che l’obbligo di pagamento dei contributi condominiali dovuti dal de cuius prima della morte, trattandosi di un debito ereditario, grava sugli eredi, i quali, vi sono tenuti parziariamente, ossia in proporzione delle rispettive quote, ai sensi dell’art. 752 c.c. Per i contributi condominiali dovuti dopo la morte del de cuius, invece, il soggetto obbligato al pagamento è il nuovo titolare del diritto di proprietà dell’unità immobiliare cui i contributi condominiali si riferiscono, stante la natura di obbligazione propter rem che li caratterizza. Pertanto, occorre distinguere a seconda che il trasferimento mortis causa dell’immobile sia avvenuto: a) a titolo universale e a favore di una pluralità di chiamati pro quota; b) a titolo universale ma mediante una institutio ex re certa; c) a titolo di legato.

Nel primo caso, al pagamento dei contributi sono tenuti i coeredi, solidalmente, in quanto comproprietari, non diversamente da quanto avviene in ogni ipotesi di contitolarità del diritto di proprietà dell’unità immobiliare in condominio; nel secondo, invece, vi è tenuto soltanto l’erede cui sia stata assegnata ex re certa l’unità immobiliare in condominio; nel terzo, similmente, vi è tenuto esclusivamente il beneficiario del legato avente ad oggetto quella stessa unità.

Riprendendo l’esame dell’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. si deve sottolineare che la norma non configura tra il cedente (ex condomino) e il cessionario (attuale condomino) un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal beneficium ordinis, in virtù del quale il condominio debba rivolgersi al cedente solo dopo essersi verificato l’inadempimento del cessionario. Nel rapporto tra cedente e cessionario sussiste un vincolo di corresponsabilità solidale pura previsto dalla legge al fine di costituire un rafforzamento della tutela del credito del condominio, che, quindi, può legittimamente pretendere il pagamento dei contributi condominiali dal cedente senza doversi prima rivolgere al cessionario; eventualità in concreto ipotizzabile ogni qual volta l’escussione del cedente sia più agevole e rapida rispetto a quella del cessionario (il primo, ad esempio, potrebbe avere somme liquide su conti correnti o crediti derivanti da un rapporto di lavoro dipendente e non altrettanto il secondo, che pure è proprietario dell’immobile). Del resto, può accadere che l’amministratore del condominio non abbia neppure conoscenza della alienazione proprio perché non ha ricevuto la trasmissione della copia autentica del titolo (o della certificazione di avvenuta stipula).

L’obbligazione dell’alienante il quale non abbia trasmesso all’amministratore del condominio la copia autentica dell’atto traslativo o la dichiarazione di avvenuta stipula – analogamente a quanto avviene per l’obbligazione dell’acquirente rispetto ai contributi condominiali relativi all’anno in corso o a quello precedente il suo acquisto – opera unicamente nei rapporti (per così dire esterni) tra il condominio e i soggetti che si succedono nella proprietà della singola unità immobiliare e non anche nei rapporti interni tra alienante (ex condomino) e acquirente (nuovo condomino), data la natura personale di tale obbligazione. In altri termini, la responsabilità dell’alienante prevista dall’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. – analogamente a quella dell’acquirente ai sensi del quarto comma dello stesso articolo – non è relativa a un debito proprio ma assolve ad una funzione di rafforzamento della tutela del credito del condominio.

Preliminare di vendita e regolamentazione pattizia in merito alla responsabilità per i contributi condominiali 

La regolamentazione pattizia tra alienante e acquirente in ordine alla responsabilità per i contributi condominiali – che, come ho sottolineato in precedenza, è efficace sul piano dei rapporti interni ma non è opponibile al condominio – può rivelarsi molto utile, in chiave di giustizia preventiva, anche nei contratti preliminari stipulati.

La fattispecie per la quale è più sentita l’esigenza di una specifica regolamentazione è quella relativa all’eventualità che nel periodo intercorrente tra la conclusione del preliminare e la stipula del definitivo possa essere convocata l’assemblea condominiale al fine di deliberare in ordine a interventi comportanti innovazioni ovvero interventi di manutenzione straordinaria. Il contraente interessato a parteciparvi è, fisiologicamente, il promittente acquirente in quanto destinato a divenire il proprietario dell’immobile. Perciò risponde all’interesse delle parti  la previsione nel preliminare di una clausola che stabilisca l’obbligo del promittente venditore di rilasciare al promittente acquirente un’idonea delega al fine di partecipare a tali assemblee consentendo allo stesso promittente acquirente la più ampia libertà di decisione.

Inoltre, alla luce della descritta disciplina dettata dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., è utile, in funzione antiprocessuale, l’inserimento nei  preliminari di una clausola che obblighi il promittente venditore a versare i contributi condominiali di sua spettanza prima della stipula del contratto definitivo di vendita e a fornire al promittente acquirente un’idonea documentazione probatoria (per esempio, un’apposita dichiarazione rilasciata dall’amministratore del condominio).

Infine, sempre in funzione di giustizia preventiva, può essere utile specificare nei  preliminari chi tra i due contraenti sia tenuto al pagamento dei contributi condominiali nel periodo di tempo compreso tra la conclusione dello stesso preliminare e il definitivo. Il contenuto di tali accordi è certamente rimesso alla libertà delle parti, che possono convenire ciò che è più confacente alla realizzazione dei loro interessi in base alle peculiarità delle diverse fattispecie, al fine di raggiungere una maggiore consapevolezza in ordine alle conseguenze giuridiche delle loro pattuizioni.

In assenza di una specifica volontà delle parti può essere utile in funzione antiprocessuale prevedere che: a) saranno a carico del promittente venditore le spese condominiali ordinarie maturate sino alla data di consegna dell’unità immobiliare promessa in vendita e così pure le eventuali spese condominiali straordinarie – per quanto non ancora sostenute – deliberate dall’assemblea anteriormente alla data del preliminare, purché non in modo generico o interlocutorio ma con l’indicazione specifica dei lavori da eseguire e del relativo corrispettivo; b) saranno a carico della parte promittente acquirente le eventuali spese condominiali straordinarie deliberate successivamente alla stipula del preliminare.

La ragione di tali pattuizioni è intuitiva. Il collegamento tra le spese condominiali ordinarie e la consegna dell’immobile è legato all’effettivo godimento dell’unità immobiliare in condominio e risponde alla stessa logica che è alla base della disciplina generale dettata dal legislatore in materia di usufrutto per quanto attiene alla ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario (cfr. artt. 1004 e 1005 c.c.).

Quanto alle spese straordinarie, se la loro assunzione sia stata deliberata dall’assemblea – con le modalità in precedenza indicate – anteriormente alla conclusione del preliminare, che al loro pagamento sia tenuto il promittente venditore è giustificato dalla loro natura di obbligazioni propter rem ed è coerente al più recente orientamento della Cassazione in materia fondato, come ho sottolineato, su una convincente ricostruzione sistematica della disciplina legislativa del condominio per quanto attiene alla   ripartizione dei poteri tra amministratore e assemblea in tema di spese condominiali; inoltre, deve presumersi che in sede di trattative le parti ne abbiano tenuto conto nella determinazione del prezzo della vendita.

Infine, per le spese straordinarie deliberate successivamente al preliminare, la delega a partecipare all’assemblea conferita dal promittente venditore al promittente acquirente, con l’espressa previsione della più ampia libertà decisoria attribuita a quest’ultimo, appare lo strumento più efficace al contemperamento degli interessi delle parti in quanto rimette la valutazione e la conseguente responsabilità per le spese al soggetto destinato a beneficiare dell’incremento di valore e/o delle utilità derivanti all’immobile condominiale dall’assunzione delle stesse spese.

di Roberta Coviello

 

 

Lotteria istantanea, Registratore Telematico da aggiornare entro il 2 ottobre 2023

Entro il 2 ottobre 2023 i registratori telematici dovranno subire un nuovo aggiornamento di carattere tecnico,per predisporre gli apparecchi alla gestione della nuova lotteria istantanea dei corrispettivi.

Di cosa si tratta.

Lotteria ad estrazioni a premio differita: i clienti che effettuano acquisti  presso esercenti dotati di RT con moneta elettronica possono richiedere l’inserimento del codice lotteria, al fine di partecipare alle estrazioni premio differite a cadenza settimanale, mensile ed annuale.

Lotteria istantanea degli scontrini: ora è possibile anche, senza inserire alcun codice, partecipare alla nuova lotteria istantanea: pagando il corrispettivo con moneta elettronica sarà automaticamente il RT a stampare un codice bidimensionale, un “biglietto virtuale” che consente di partecipare all’estrazione immediata.

L’aggiornamento del RT comporterà anche un nuovo obbligo comunicativo. Fino ad ora in caso di mancata chiusura di cassa per mancata chiusura di cassa per oltre 24 ora (e. fine settimana, ferie ecc.) era l’apparecchio che automaticamente inviava un flusso di “assenza di corrispettivi dalla data alla data”; dal 2 ottobre sarà necessario inviare una comunicazione di chiusura preventiva, nel caso in cui questa si protragga per più di 12 giorni, tramite il RT, pertanto è importante  che l’esercente si faccia spiegare  dall’assistenza tecnica  la procedura, che varia  a seconda del tipo di apparecchio.

A fronte della spesa che i commercianti sosterranno per l’adeguamento del RT è riconosciuto un credito di imposta misura pari al 100% della spesa sostenuta, con un massimo di 50 euro , e potrà essere utilizzato esclusivamente in compensazione con modello F24, con codice tributo 7032, a partire dalla prima liquidazione periodica dell’IVA successiva al mese in cui è stata registrata la fattura, pagata con  modalità tracciabile. Le risorse stanziate sono limitate, si corre il rischio che il credito non venga riconosciuto per esaurimento fondi.

di Loredana Manara

La nuova rottamazione quater

L’articolo 1, commi 231 – 252 della Legge 29 dicembre 2022 n. 197 ha previsto la possibilità
per i contribuenti di rottamare i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000
al 30 giugno 2022.  Possono accedere alla rottamazione anche i contribuenti che hanno in essere  dilazioni di pagamento in corso o già decaduti senza essere tenuti  a versare le rate scadute o in scadenza sulle predette dilazioni

Per determinare quali cartelle possono essere incluse nella domanda non si deve fare riferimento alla data di notifica/spedizione della cartella di pagamento,  ma la data in cui è stato consegnato il ruolo all’ente per la riscossione, dato rilevabile solo dalla lettura della cartella esattoriale ricevuta.

Sono senz’altro definibili le:
– sanzioni amministrative di natura fiscale e contributiva;
– sanzioni tributarie (es. violazioni da RW o sulla trasmissione telematica delle dichiarazioni ex. Art. 7-bis del DLgs. 241/97);
– sanzioni (o somme aggiuntive) connesse ai contributi previdenziali relative a contributi gestiti dall’INPS e dall’INAIL

Non possono formare oggetto di definizione le sanzioni accessorie.

Non sono però definibili:risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione; le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015;crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti  le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna.

 

La dichiarazione di adesione alla rottamazione va  presentata presentando  un’apposita istanza entro e non oltre il 30 aprile 2022, esclusivamente on line tramite il  servizio “Fai D.A. te del sito l’Agenzia delle Entrate-Riscossione

A seguito della presentazione della domanda l’Agenzia delle Entrate-Riscossione informa il debitore circa l’esito della domanda di rottamazione presentata, inviando al medesimo una comunicazione di accoglimento o di diniego entro il 30 giugno 2023

In caso di risposta positiva, l’Agente della Riscossione comunica a quest’ultimo l’ammontare del debito ammesso alla definizione agevolata e gli invia anche i relativi bollettini di pagamento.
La risposta negativa può riguardare solo i  carichi non definibili.

Entro il 31 luglio 2023  i I contribuenti dovranno  versare la prima o unica rata dei versamenti dovuti. In caso di scelta del pagamento rateale le somme dovute dovranno essere versate nel numero massimo di diciotto rate, la prima e la seconda delle quali, ciascuna di importo pari al 10 per cento delle somme dovute ai fini della definizione, scadenti rispettivamente il 31 luglio e il 30 novembre 2023.
Le restanti, di pari ammontare, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024

di Loredana Manara

 

Gli adempimenti fiscali dell’amministratore di condominio

Lezione tenuta da Loredana Manara in occasione del corso di formazione per amministratori di consominio tenuto da A.I.A.C.

IL CONDOMINIO QUALE SOSTITUTO D’IMPOSTA: Il condominio è “sostituto d’imposta” ,  tenuto ad effettuare le ritenute fiscali quando effettua i pagamenti ai dipendenti (es. Portiere), alle ditte che effettuano lavori o servizi  per il condominio (es. ditta pulizie, manutentore ecc), ai professionisti (es. commercialista, avvocato, consulente del lavoro, amministratore del condominio).

IL CODICE FISCALE DEL CONDOMINIO : Il condominio  pur non esercitando una  attività commerciale ha l’obbligo di avere il codice fiscale.  Dal momento in cui l’amministratore viene nominato, diviene il legale rappresentante del condominio, e deve comunicarlo all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla nomina da parte dell’assemblea,  tramite il modello AA5/6, nel quale  dovranno essere comunicati nel campo C dedicato al rappresentante, i dati anagrafici dell’amministratore e il suo codice fiscale. Il codice natura giuridica del condominio è 51, e il codice ATECO è 970002.  Il modello AA5/6 può essere presentato direttamente allo sportello o inviato telematicamente dall’amministratore o  da  un intermediario abilitato.

IL REGIME IVA AGEVOLATO: E’ possibile l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10% sui lavori di ristrutturazione del condominio effettuati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa classificati nelle categorie catastali da A1 ad A11, ad eccezione di quelle appartenenti alla categoria catastale A10 (uffici). Inoltre   devono essere eseguiti  sulle parti comuni dell’edificio.

L’aliquota ridotta può applicata a:
-interventi di manutenzione ordinaria di piccole riparazioni eseguite sul fabbricato o sui relativi impianti tecnologici;

– prestazioni di manutenzione obbligatoria, previste per gli impianti elevatori e per quelli di riscaldamento, per le verifiche periodiche e per il ripristino della funzionalità, compresa la sostituzione delle parti di ricambio (ad es. porte, pannelli, serrature, funi ecc.) in caso di usura

– la revisione periodica obbligatoria degli impianti di riscaldamento installati in fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata, ed il controllo delle emissioni degli stessi

– interventi di manutenzione ordinaria diretti a mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

N.B. Quando l’esecuzione dei lavori prevede l’istallazione di “beni di valore significativo” di importo superiore al 50% del corrispettivo totale, in questo caso sul bene significativo si applicherà l’aliquota ordinaria.

I CODICI D’IMPOSTA E METODO DI CALCOLO E DI VERSAMENTO DELLE RITENUTE: L’amministratore di condominio deve  all’atto del pagamento del compenso, effettuare una ritenuta  e versarla all’Erario tramite modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo.

Per quanto riguarda i compensi ai lavoratori dipendenti, la ritenuta è esposta nella busta paga e sarà il consulente del lavoro che predisporrà il modello F24: l’amministratore dovrà solo effettuare il versamento entro il giorno 16 del mese successivo.

Per quanto riguarda invece i compensi di lavoro autonomo, di prestazioni di opere o servizi, è l’amministratore di condominio che deve, all’atto del pagamento del compenso, effettuare una ritenuta (che di solito viene esposta in fattura) e versarla all’Erario tramite modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo, indicando i codici tributo e i periodi di riferimento relativi al compenso corrisposto.

La ritenuta d’acconto sui compensi per l’esercizio di arti e professioni e per le prestazioni occasionali  è del 20% e si versa con il codice tributo 1040

La ritenuta d’acconto sui compensi per opere e servizi prestati da soggetti IRPEF (ditte individuali o s.n.c. e s.a.s.)  è del 4% e si versa con il codice tributo 1019

La ritenuta d’acconto sui compensi per opere e servizi prestati da soggetti IRES (s.p.a., s.r.l, cooperative) è del 4% e si versa con il codice tributo 1020

Sono esclusi dall’applicazione della ritenuta i corrispettivi corrisposti per contratti di somministrazione (gas, acqua elettricità), di assicurazione, di trasporto e deposito.

N.B. E’ prevista una semplificazione per i  condomini: Il versamento delle ritenute sui contratti di appalto e servizi (ritenute 4%)  può essere effettuato cumulativamente entro il 30/6 ed il 20/12 di ogni anno se la somma delle ritenute operate, per singolo tributo, non supera i 500,00 euro.

N.B. Infine si sottolinea che sulle fatture relative agli appalti di opere oggetto di detrazioni fiscali, che l’amministratore pagherà con il cosiddetto “bonifico parlante” non deve essere effettuata la ritenuta d’acconto perché sarà la banca stessa ad effettuarla.

Ravvedimento: E’ possibile regolarizzare il mancato versamento delle ritenute purché la violazione non sia stata già contestata dall’Agenzia delle Entrate, utilizzando il  ravvedimento operoso che permette di rimediare pagando una sanzione inferiore rispetto a quella che spetterebbe (30% dell’importo non versato)

Il versamento spontaneo o ravvedimento comporta la riduzione delle sanzioni:

  • ravvedimento Sprint: esercitabile entro il 14° giorno dalla scadenza naturale del versamento, con l’applicazione di una sanzione pari allo 0,1% giornaliero e quindi fino ad un massimo dell’1,4% e l’interesse al tasso legale.
  • ravvedimento Breve: per versamenti eseguiti oltre il 14° giorno ma entro il 30°; in questo caso la sanzione è pari all’1,5%   oltre all’interesse al tasso legale   
  • ravvedimento Intermedio: per versamenti eseguiti oltre il 30° giorno ma entro il 90°; la sanzione applicabile è pari all’1,67% , oltre all’interesse al tasso legale
  • ravvedimento Lungo (entro un anno): per versamenti eseguiti entro il termine di presentazione della dichiarazione mod 770 relativa all’anno in cui la violazione è stata commessa; la sanzione applicabile è pari al 3,75 , oltre gli interessi al tasso legale
  • ravvedimento Biennale: per versamenti eseguiti entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo la sanzione applicabile è pari al 4,29, oltre gli interessi al tasso legale;
  • ravvedimento lunghissimo o ultra biennale: per versamenti eseguiti oltre un anno; la sanzione applicabile è pari al 5,00%  oltre gli interessi al tasso legale.

LA CERTIFICAZIONE UNICA: Entro il 16 marzo dell’anno successivo il condominio deve consegnare ai percipienti la certificazione unica dove attesta le somme corrisposte e le ritenute effettuate. Entro lo stesso termine devono essere inviate telematicamente all’Agenzia delle Entrate .

Nel caso di lavoro dipendente, sarà il consulente del lavoro che provvederà alla predisposizione e all’invio telematico delle certificazioni uniche, l’amministratore dovrà solo consegnarne copia al dipendente.

Nel caso invece dei lavoratori autonomi e dei  prestatori di opere o servizi è l’amministratore ( o un suo consulente fiscale incaricato) che deve predisporre le certificazioni uniche, consegnarle ai percipienti e inviarle telematicamente all’Agenzia delle Entrate. In questo caso il termine per l’invio telematico è più flessibile, posso essere inviate entro i termini dell’invio del modello 770 (31 ottobre dell’anno successivo).

N.B. Per omessa, tardiva o errata trasmissione è prevista una sanzione fissa pari a 100 euro per ogni CU. Tuttavia, la sanzione non si applica in caso di trasmissione errata, se l’invio della corretta certificazione è effettuata entro i 5 giorni successivi alla scadenza.

MODELLO 770 E QUADRO AC: Entro il 31 ottobre il condominio deve predisporre il modello 770, dove vengono riepilogati tutti i versamenti delle ritenute operate. I sostituti d’imposta hanno la facoltà di suddividere il modello 770 inviando, oltre al frontespizio, i quadri ST, SV, SX relativi alle ritenute operate su:

  • redditi di lavoro dipendente e assimilati;
  • redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi;
  • dividendi, proventi e redditi di capitale
  • locazioni brevi inserite all’interno della CU;
  • somme liquidate a seguito di pignoramento presso terzi

A seconda se l’invio dei dati è effettuato attraverso un unico flusso o in più flussi, il quadro “redazione della dichiarazione” andrà compilato in maniera differente. In particolare, nel campo “tipologia di invio” andrà inserito il codice:

  • 1 – nel caso in cui il sostituto opti per trasmettere un unico flusso contenente i dati riferiti ai diversi redditi gestiti nel modello 770/2022;
  • 2 – nel caso in cui il sostituto opti per inviare separatamente i dati relativi ai diversi redditi gestiti nel modello 770/2022. Il sostituto può effettuare invii separati anche senza avvalersi di un altro soggetto incaricato.

Quindi, ad esempio,  il consulente del lavoro può inviare il modello 770 con i versamenti relativi ai dipendenti del condominio, mentre l’amministratore (o un suo consulente incaricato) può inviare il modello 770 con i versamenti relativi ai lavoratori autonomi e ai prestatori di opere e servizi; in questi casi è necessario che ognuno indichi il codice fiscale dell’intermediario che invierà l’altra parte del modello.

QUADRO AC: L’amministratore in carica al 31 dicembre deve presentare, allegato alla propria dichiarazione dei redditi, il quadro AC (o quadro K se presenta il  modello 730) per  comunicare:

  • i dati identificativi del condominio oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati sulle parti comuni condominiali , ossia i dati catastali identificativi dell’immobile e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione.
  • l’importo complessivo dei beni e servizi acquistati dal condominio nell’anno solare e dei dati identificativi dei relativi fornitori ai quali il condominio amministrato abbia corrisposto nell’anno somme superiori a € 258,23 annui a qualsiasi titolo.

Sono esclusi i dati relativi a:

  • le forniture di acqua, energia elettrica e gas;
  • le forniture di servizi per le quali il condominio ha rilasciato la certificazione unica;
  • gli acquisti di beni e servizi ,al lordo dell’IVA, non superiori complessivamente a € 258,23 per singolo fornitore.

di Loredana Manara

Rapporti tra Condominio, proprietari e inquilini

In questo articolo vogliamo spendere qualche considerazione sul rapporto di cui al titolo, rapporto dal quale nascono molto spesso  incomprensioni e difficoltà nella gestione degli stessi. E direi che le incomprensioni alla fine sono sempre e soltanto con l’amministratore. L’unico responsabile per tutto ciò che accade nel Condominio e non solo !!!!

A parte l’affermazione ovviamente scherzosa, ma non troppo, premettiamo che gli inquilini sono sostanzialmente soggetti estranei al condominio, ma che vuol dire questo lo spiegheremo in seguito. Tuttavia ci sono articoli del codice civile che fanno riferimento agli stessi e che possono contribuire alle incomprensioni a cui accennavamo.

Cominciamo con l’esaminare gli articoli che legittimano l’inquilino a ritenere di avere un ruolo nel condominio. L’art. 1130, comma 1, n. 6, cc ha introdotto l’obbligo per l’amministratore di tenere un apposito registro nel quale annotare le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti personali di godimento (per esempio proprio la locazione), comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio degli stessi.   Inoltre l’art. 1130 bis cc include infatti anche il conduttore tra i soggetti legittimati a richiedere copia dei documenti contabili condominiali. Si pensi alla richiesta di avere il dettaglio dei consumi di riscaldamento o dell’acqua. In questo caso di fronte alla richiesta dell’inquilino l’amministratore deve essere in grado di controllare se lo stesso è soggetto legittimato a fare detta richiesta.

Si aggiunga che la legge sull’equo canone, art. 10 della legge n. 392/1978, ha altresì stabilito che il conduttore può partecipare e votare alle riunioni assembleari nelle quali si discuta delle spese e delle modalità di gestione del servizio di riscaldamento, anche se per giurisprudenza costante la mancata convocazione dello stesso non determina alcuna conseguenza sulla validità della delibera assembleare. Unica conseguenza si determina semmai nel rapporto tra proprietario e inquilino.

Fatte queste premesse molto spesse nasce il problema su chi debba pagare le rate e dunque le spese condominiali, ma diciamo che il problema non si pone perché il conduttore è tenuto a pagare le spese condominiali al condòmino – locatore, ossia al proprietario dell’immobile, sulla base di quanto previsto dal contratto di locazione. Solitamente il conduttore versa un acconto delle spese condominiali unitamente al canone, per poi effettuare il conguaglio sulla base delle risultanze del rendiconto condominiale approvato dall’assemblea. Pertanto la richiesta delle quote condominiali va fatta sempre al proprietario locatore dell’appartamento.

L’eventuale decreto ingiuntivo richiesto e ottenuto nei confronti del conduttore è illegittimo, non essendovi alcun rapporto obbligatorio tra Condominio e inquilino. Pertanto l’inquilino  potrà eccepire il difetto di legittimazione e nell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo potrà chiedere la condanna del Condominio alla refusione delle spese legali.

Molto spesso nel corso dell’esperienza professionale di ogni amministratore capita la richiesta di inviare e/o emettere gli avvisi di pagamento per gli oneri condominiali agli inquilini, oppure di esaminare preventivi/consuntivi condominiali che distinguono, in relazione alla unità immobiliare concessa in locazione, le spese imputate al proprietario da quelle richieste all’inquilino, ma si tratta di una prassi non corretta, perché non esiste nessun rapporto tra Condominio e inquilino, se non per quanto previsto e spiegato precedentemente. Anzi questo modo di operare ingenera spesso una confusione contabile che richiede un lavoro di spiegazione, non sempre compreso, da parte degli amministratori.

Pertanto a conclusioni delle nostre considerazioni il referente del Condominio (dunque dell’amministratore) è sempre il proprietario dell’appartamento, al quale ci si deve sempre riferire.

di Roberta Coviello

Amministrazione giudiziaria

Lezione tenuta dalla Dott.ssa Coviello in qualità di docente in occasione dei corsi di  aggiornamento per amministratori di condominio D.M. 140/2014 per l’anno 2022 organizzati da A.N.A.C.I Roma

 

  1. Quando è prevista la nomina dell’Amministratore giudiziario

Previsione normative con riferimento alla nomina dell’A.G. nella Comunione e nel Condominio – art. 1105 c.c. e art. 1129, I comma e XI comma.

L’art. 1129 c.c. al primo comma stabilisce che nel caso i condomini siano più di otto è obbligatoria la nomina di un amministratore. Sempre al primo comma è tuttavia previsto che nel caso in cui l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria. La mancata nomina può dipendere sia dal mancato accordo nell’individuare la persona di riferimento o sia semplicemente per inerzia. Sappiamo infatti che la delibera per la nomina (revoca) dell’amministratore deve essere approvata dalla maggioranza dei condomini intervenuti in assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio, quindi può accadere che l’eccessiva frammentazione di voti paralizzi l’organo deputato alla nomina e dunque l’assemblea.

Ancor  prima dell’art. 1129 anche relativamente alla comunione abbiamo una  disposizione analoga. Parliamo innanzitutto di comunione quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone. Proprio dalla necessità di garantire la conservazione e il godimento della cosa comune derivano in capo ai comunisti una serie di obblighi e diritti. Ora l’art. 1105, disciplinante l’amministrazione della comunione, prevede il ricorso all’autorità giudiziaria se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, che vincoli la minoranza dissenziente, o semplicemente perché  la deliberazione adottata venga eseguita. Quindi ciascun partecipante alla comunione può ricorrere in camera di consiglio e il tribunale può disporre anche la nomina di un amministratore giudiziario.

Altro riferimento normativo alla nomina dell’A.G. si trova nel comma XI dell’art. 1129 disciplinante la revoca dell’amministratore. Revoca che sappiamo può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con le stesse maggioranze previste per la nomina. Ora qualora emergano gravi irregolarità nell’adempimento dell’incarico e dunque del mandato da parte dell’amministratore (violazioni fiscali gravi,  notificata all’amministratore di una citazione che esorbiti dalle attribuzioni dello stesso e questi non abbia convocato immediatamente l’assemblea, non renda il conto della gestione o non provveda alla apertura e all’uso di un conto corrente bancario e/o postale intestato al condominio) i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. Nell’ipotesi di mancata revoca da parte dell’assemblea ci si può rivolgere all’autorità giudiziaria. Generalmente nel ricorso che chiede la revoca dell’amministratore per gravi irregolarità si può chiedere la nomina contestuale dell’amministratore.

A tal fine ci preme rilevare, considerando che la nomina dell’amministratore di condominio rientra nelle prerogative sovrane dell’assemblea dei partecipanti alla comunione edilizia e per estensione al condominio, che l’intervento giudiziale ha carattere e funzione surrogatoria, che è legittimamente esercitabile laddove l’organo collegiale assembleare palesi oggettiva inidoneità all’assolvimento di tale incombenza. La nomina giudiziaria, cioè, non ha valenza meramente alternativa ma postula che l’assise assembleare abbia manifestato l’impossibilità, per omesso conseguimento delle prescritte maggioranze, sia costitutive che deliberative, a conferire l’incarico gestorio.

Deve, pertanto, ritenersi necessaria l’indicazione e dimostrazione del preventivo inutile esperimento di almeno due tentativi di convocazione assembleare diretti a tale designazione, la cui infruttuosità rende legittima la pronuncia giudiziale.

Pertanto il ricorso, che chiede la revoca giudiziale, non determina come conseguenza logica la nomina di un amministratore giudiziario anche se richiesto.

 

  1. Ricorso per la richiesta di nomina dell’amministratore giudiziario.

Profili sostanziali e profili processuali – Aspetto pratico relativo al rimborso delle spese sostenute per la richiesta di nomina e considerazioni.

Da un punto di vista sostanziale i soggetti legittimati a chiedere la nomina sono uno o più condomini o l’amministratore dimissionario.

Da un punto di vista processuale si tratta di un provvedimento di volontaria giurisdizione. La sezione competente del Tribunale civile di Roma è la quinta. La quinta sezione si occupa dell’area dei diritti reali e alla stessa sono assegnati i procedimenti di cui agli artt. 1129 e 1105 codice civile.

Si parla di volontaria giurisdizione quando ci si riferisce ad un tipo di giurisdizione diretta non a risolvere controversie che coinvolgono diritti soggettivi fondamentali (come accade nel contenzioso civile) ma l’autorità giudiziaria viene chiamata ad amministrare interessi privati, a rilevanza superindividuale, per prevenire il pericolo della loro lesione.

La domanda con la quale si chiede l’intervento dell’autorità giudiziale è chiamata “ricorso”, ricorso che può essere presentato anche dalla parte in proprio, l’atto infatti può essere depositato dal condomino personalmente, anche senza l’intervento di un legale. Il ricorso deve essere adeguatamente motivato e corredato da documenti che ne provino la fondatezza.  I riferimenti  al ricorso e al provvedimento li troviamo negli artt. 59 e 64 delle disposizioni di attuazione al codice civile. Il procedimento dunque è trattato in Camera di consiglio e si conclude in caso di accoglimento  con la nomina di un amministratore, che il tribunale individua in un apposito elenco tenuto dalla cancelleria dalla sezione V, che deve possedere  i requisiti indicati nell’art. 71 bis disp.att. del codice civile. Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla Corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.

Aspetto pratico e di rilievo riguarda il rimborso delle spese sostenute per ottenere il provvedimento di nomina dell’amministratore. Le spese per la richiesta dell’A.g. qualora non si proceda con un avvocato sono contenute e riguardano il pagamento del contributo unificato, della marca da bollo per i diritti forfetizzati, delle spese di notifica e delle spese di registrazione.

La questione è particolarmente dibattuta. Non solo abbiamo a titolo di considerazioni e riflessioni  due sentenze della Cassazione che si esprimono sostanzialmente in modo diverso.

Il decreto che nomina l’A.g. di solito statuisce anche con riferimento alle spese processuali. Ora l’art. 91 c.p.c. prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte. Ora si è venuta consolidando l’opinione che nel procedimento diretto alla nomina dell’A.g. non possa farsi luogo alla liquidazione delle spese per due ordini di motivi. In primo luogo perché il procedimento non si conclude con una sentenza ma con un decreto motivato e in secondo luogo perché il tribunale non è chiamato a dirimere un contrasto tra posizioni confliggenti. Abbiamo infatti ribadito più volte che il tribunale interviene solo per ovviare all’inerzia della collettività condominiale, la quale potrà in ogni momento,  esercitare la propria sovranità e procedere a nuova nomina in sede assembleare. Secondo la Suprema Corte considerando che i procedimenti di volontaria giurisdizione non hanno natura contenziosa, difettano del presupposto della statuizione delle spese, restando a carico del soggetto che ha assunto l’iniziativa giudiziale (Cass. Civile II sez. sentenza 18730/2005).

Tuttavia sempre la Cassazione, sez. VI,  con altra sentenza la n. 2719 del 2015, diversamente da quanto precedentemente evidenziato,  ha precisato che l’art. 91 c.p.c. si riferisce ad ogni processo, senza distinzione di natura e di rito e il termine “sentenza” è, all’evidenza, ivi usato in senso di provvedimento che, nel risolvere contrapposte posizioni, chiude il procedimento stesso innanzi al Giudice che lo emette.

Tuttavia nei decreti di nomina di cui io ho preso visione, perché relativi alla mia nomina o perché in qualche modo portati alla mia attenzione, il Tribunale ha disposto non ripetibili le spese processuali, pur considerando in un caso specifico le stesse rientranti nella regola processuale della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. anche alle procedure di volontaria giurisdizione laddove si registrano situazioni di contrasto meritevoli di composizione.

 

  1. Compiti e ruolo dell’A.G. – durate e revoca – Compensi

Compiti e prerogative – problematiche riscontrate – Determinazione dei compensi.

Una volta nominato dal Tribunale, l’amministratore giudiziario gode delle medesime prerogative e soggiace ai medesimi obblighi dell’amministratore di nomina assembleare, l’assemblea, che è sovrana, può revocarlo in qualsiasi momento,  purchè contestualmente provveda alla nomina di altro soggetto.  Ritengo, qualora lo stesso non venga revocato con contestuale nomina di altro amministratore,  che all’amministratore giudiziario si applichino le disposizioni, in termini di durata, previste dal comma X dell’art. 1129, quindi la durata è di un anno e si intende rinnovato per uguale durata. Naturalmente alla scadenza, qualora l’operato dello stesso sia apprezzato, l’amministratore giudiziale può essere nominato “confermato” dalla assemblea dei condomini diventando amministratore di volontà assembleare.

Partendo dalla mia esperienza faccio presente che le aspettative legate alla figura dell’amministratore giudiziario, soprattutto da parte di chi lo richiede, sono molto alte. Le prerogative e quello che può fare, tuttavia, a mio avviso sono le stesse di un amministratore assembleare. Unica differenza è che considerando la situazione di difficoltà gestionale e le criticità che si trova a gestire ha generalmente il supporto di chi vuole che le cose siano fatte e migliorate.

Per quanto riguarda il compenso questo segue le stesse regole del mandato, anche se in qualità di mandatario nominato dal tribunale. In caso di disaccordo, il diritto al compenso dovrà essere fatto valere nell’ambito del procedimento di cognizione davanti al giudice ordinario. Infatti mancando un accordo iniziale, che si ha nel caso di nomina assembleare, l’A.g. determina i propri onorari  in base alla tariffa professionale, dell’ordine di appartenenza, e in caso di contestazione sarà l’autorità giudiziaria a determinarlo.

di Roberta Coviello

 

Riscaldamento centralizzato e relativo distacco.

Riscaldamento centralizzato: quando il distacco è legittimo?

Il condomino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dell’impianto comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini, se prova che dal distacco non derivano né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio. Soddisfatta tale condizione, egli è obbligato a pagare soltanto le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale, mentre è esonerato dall’obbligo del pagamento delle spese per il suo uso.

Distacco del condomino dall’impianto centralizzato e onere della prova

L’art. 1118 c.c., come modificato dalla l. n. 220 del 2012 attribuisce ad ogni condomino il diritto di distaccarsi dall’impianto centralizzato senza dover chiedere l’autorizzazione a nessuno, né al Comune, né all’amministratore di condominio, né all’assemblea. Secondo tale disposizione il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento a condizione , purchè dal suo distacco non derivino:

– notevoli squilibri di funzionamentoall’impianto centralizzato e/o

– aggravi di spesa per gli altri condomini

Devono sussistere entrambi i presupposti affinché il distacco sia illegittimo. Prosegue la norma chiarendo che, in caso di distacco, il condomino con l’impianto autonomo resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

Il condomino deve fornire la prova, mediante preventiva informazione corredata da documentazione tecnica, salvo che l’assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria, autonoma valutazione del loro non verificarsi.

Come staccarsi dal riscaldamento centralizzato

Se hai deciso di staccarsi dall’impianto condominiale puoi agire direttamente, chiamare la ditta installatrice, farti montare il nuovo impianto e comunicare all’amministratore, con una raccomandata a.r. o una posta elettronica certificata, che dal mese successivo non parteciperai più ai consumi collettivi essendoti dotato di un impianto autonomo.

L’assemblea, come abbiamo già spiegato, non può vietarti il distacco a meno che da esso non derivi un notevole squilibrio nel funzionamento dell’impianto generale e/o un aggravio di spesa per gli altri (chiaramente non può trattarsi del normale aggravio derivante dal fatto che uno dei condomini non concorrerà più alle spese generali poiché questo è scontato). Se dovesse risultare una di queste condizioni, anche un singolo condomino potrebbe farti causa per farti dismettere l’impianto autonomo. Ecco perché è buona norma, anche se non obbligatorio per legge, farsi predisporre, da un tecnico abilitato, una perizia asseverata al fine di provare che non vi saranno squilibri o aggravi di costi. La perizia potrà essere inviata all’amministratore di condominio.

di Roberta Coviello

Telecamere e videosorveglianza nel condominio

Il nuovo art. 1122-ter

Il vuoto normativo riguardo l’argomento, è stato “colmato” dalla riforma del condominio, L. n. 220/2012, che, per la prima volta si è occupata degli impianti di videosorveglianza sulle parti comuni, attraverso il nuovo art. 1122-ter.
Con tale disposizione, il legislatore ha disciplinato la liceità dell’installazione degli impianti da parte dell’assemblea del condominio, prevedendo anche che il quorum per la validità delle deliberazioni adottate dall’assise sia “la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136”, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Una volta deliberata l’installazione, con le maggioranze richieste ex lege, le modalità e l’acquisizione delle riprese degli spazi condominiali dovranno rispettare, ovviamente, le indicazioni dettate dal Codice della privacy e dal provvedimento generale del Garante in tema di videosorveglianza.
Tali indicazioni sono state predisposte e pubblicate dal Garante stesso nell’apposita guida “Il condominio e la privacy”, tenendo ben distinte le ipotesi in cui sia il condominio nel suo complesso a decidere di dotarsi di un sistema di videosorveglianza per le aree comuni, da quelle in cui le riprese vengono effettuate dai singoli condomini negli spazi esterni alla loro unità immobiliare.

Telecamere condominiali

Quando è l’assemblea condominiale a decidere di installare le telecamere per il controllo delle aree comuni, gli obblighi da rispettare sono i seguenti: segnalazione della presenza dell’impianto di videosorveglianza con appositi cartelli; conservazione delle registrazioni per un periodo limitato di tempo, di regola non superiore alle 24-48 ore (salvo necessità di tempi ulteriori, previa richiesta al Garante); ripresa esclusiva delle aree comuni (accessi, garage, ecc.), evitando, possibilmente i luoghi circostanti e i particolari che non risultino rilevanti (strade, esercizi commerciali, altri edifici, ecc.); protezione dei dati raccolti con idonee e preventive misure di sicurezza che ne consentano l’accesso alle sole persone autorizzate (titolare, responsabile o incaricato del trattamento dei dati).

Telecamere del singolo condomino

Quando l’installazione dell’impianto video è effettuata da persone fisiche (al fine di sorvegliare la propria unità immobiliare, o comunque a fini esclusivamente personali), se le immagini non vengono né comunicate a terzi né diffuse, la questione non rientra tra le norme dettate dal Codice della privacy. Tuttavia, il Garante si è occupato di indicare una serie di regole da rispettare, affinché le installazioni “private” vengano effettuate nel rispetto delle disposizioni in tema di responsabilità civile e sicurezza dei dati onde evitare di incorrere in illeciti. Così, il singolo condomino: non sarà obbligato a segnalare la presenza del sistema di videosorveglianza con apposito cartello, ma sarà tenuto a installare le telecamere in modo tale da riprendere esclusivamente il proprio spazio privato: l’angolo di ripresa dovrà, quindi, essere limitato alla porta di casa e non a tutto il pianerottolo o alla strada, oppure al proprio posto auto e non a tutto il garage, ecc.

Alle medesime disposizioni vigenti per i sistemi di videosorveglianza, soggiacciono i videocitofoni e qualsiasi altra apparecchiatura che rilevi immagini o suoni, anche tramite registrazione.

Nel caso di mancato rispetto di queste prescrizioni, in aperta violazione del Codice della Privacy, sia il singolo che il condominio nel suo complesso potranno incorrere nell’applicazione delle sanzioni sia civili che penali collegate alla lesione della sfera privata degli interessati (art. 161 e ss. Codice privacy), oltre ovviamente all’eventuale risarcimento danni ai singoli soggetti danneggiati.

Quanto al valore probatorio, le riprese video effettuate in ambito condominiale, sia dal singolo condomino che dal condominio nel suo complesso, sono da considerarsi mezzi di prova legittimi (Cass. n. 28554/2013). Per la giurisprudenza più recente, infatti, le videoregistrazioni costituiscono “una prova documentale, la cui acquisizione è consentita ai sensi dell’art. 234 c.p.p. essendo inoltre irrilevante che siano state rispettate o meno le istruzioni del Garante per la protezione dei dati personali, poiché la relativa disciplina non costituisce sbarramento all’esercizio dell’azione penale” (cfr., ex multis, Cass. n. 6813/2013; n. 28554/2013).

Di Roberta Coviello

Decreto Legge 18 dicembre 2020 n. 172 Chiusura e ristori

Con il decreto-legge 18 dicembre 2020, n. 172 entrato in vigore il 19 dicembre 2020, il Governo ha imposto nuove misure restrittive per fronteggiare l’emergenza Coronavirus nel periodo delle festività natalizie.    A fronte delle nuove chiusure e dei rinnovati divieti l’articolo 2 del citato decreto, ricalcando in parte il meccanismo già visto, ha previsto l’erogazione di nuovi fondi rivolti nello specifico agli operatori del settore ristorazione. Soggetti beneficiari dei nuovi fondi saranno esclusivamente i contribuenti che al 19 dicembre 2020 (data di entrata in vigore del dl), avevano la partita IVA attiva e, ai sensi dell’articolo 35 del DPR 633/72, dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nella tabella di cui all’Allegato 1 al dl 172/2020. Si tratta sostanzialmente dei soggetti esercenti le attività contrassegnate dal codice Ateco 56 “attività dei servizi di ristorazione”. Tale contributo non spetta ai soggetti che hanno attivato la partita IVA dopo il 30 aprile 2020;

CODICI ATECO INDICATI NELL’ALLEGATO 1

561011 – Ristorazione con somministrazione

561012 – Attività di ristorazione connesse alle aziende agricole

561020 – Ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto

561030 – Gelaterie e pasticcerie

561041 – Gelaterie e pasticcerie ambulanti

561042 – Ristorazione ambulante

561050 – Ristorazione su treni e navi

562100 – Catering per eventi, banqueting

562910 – Mense

562920 – Catering continuativo su base contrattuale

563000 – Bar e altri esercizi simili senza cucina

Il comma 2 dell’art. 2 del dl in commento prevede, tuttavia, che il nuovo contributo sia riconosciuto esclusivamente ai soggetti che hanno già beneficiato del “primo” contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del dl 19 maggio 2020 n. 34 convertito (c.d. dl “Rilancio”) e che non abbiano restituito il predetto ristoro.

Modalità di erogazione

Il contributo sarà corrisposto automaticamente dall’Agenzia delle Entrate mediante accreditamento diretto sul conto corrente bancario o postale sul quale è stato erogato il precedente contributo. Non è quindi necessario presentare alcuna istanza.

Misura del contributo

L’ammontare del contributo e’ pari al contributo già erogato ai sensi dell’articolo 25 del decreto legge n. 34 del 2020. In ogni caso, l’importo del contributo in parola non può essere superiore a euro 150.000,00.

Trattamento fiscale del contributo

In sede di conversione in legge del DL 137/2020, Decreto Ristori, è stato introdotto un importante emendamento che specifica che tutti i contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile e del valore della produzione.

di Roberta Coviello