Sconto in fattura: Ecobonus e Sismabonus, vantaggi per il contribuente

L’ art. 10 del Decreto crescita n. 34/2019 ha previsto, per gli interventi di efficienza energetica e rischio sismico, la possibilità per il contribuente che può beneficiare del credito di imposta, di optare per lo sconto in fattura o meglio di detrarre l’importo riconosciuto come detrazione dal corrispettivo dovuto al fornitore. Ora se fin qui ci sembra tutto meraviglioso e lo è per il contribuente che beneficia della detrazione e che può recuperare immediatamente l’agevolazione vediamo come questo sia meno meraviglioso per il fornitore. La disposizione prevede che il fornitore recuperi il detto importo ossia il mancato incasso del 50% in 5 anni esclusivamente nel mod. F24, a compensazione di debiti tributari e/o contributivi.
Quindi vediamo quali sono le conseguenze negative per il fornitore. Innanzitutto il mancato incasso del 50% del corrispettivo. Il recupero in cinque quote annuali costanti esclusivamente nel mod. F24 a compensazione di debiti tributari e/o contributivi sempre che l’impresa ne maturi. E’ prevista la possibilità che il fornitore possa cedere il credito di imposta ma soltanto ai propri fornitori di beni e servizi e quindi non è possibile cedere il credito agli istituti bancari o finanziari. Meno che mai è possibile chiedere l’importo a rimborso. E’ chiaro come tutto ciò sia penalizzante per le imprese, a mio avviso di tutte le dimensioni e in particolare per quelle medio piccole. Ora come si potrebbe ovviare: facendo firmare ai propri clienti una rinuncia espressa alla fruizione dello sconto in fattura. Tuttavia può accadere che indipendentemente dagli accordi, il cliente bonifichi solo il 50% dell’importo della fattura inviando entro il 28 febbraio successivo la comunicazione all’Agenzia delle Entrate di adesione all’opzione.
Ora è chiaro e ovvio che il contribuente preferisce ricevere lo sconto immediatamente all’atto del pagamento e non è necessario spiegare perché. Certo ci sembra incomprensibile come si possa danneggiare l’imprenditore che in questo modo finanzia lo Stato senza possibilità di fare diversamente. Non si capisce perché si debba mettere in contrapposizione due soggetti danneggiando in modo evidente l’imprenditore.
di Roberta Coviello

“Il vantaggio di applicare la cedolare secca sugli affitti di immobili e le novità 2019”

La cedolare secca introdotta nel nostro ordinamento con l’art.3 del D.Lgs n. 23/2011 prevede la possibilità per le persone fisiche “privato” di assoggettare i redditi scaturenti dalle locazioni ad uso abitativo ad una imposta sostitutiva dell’irpef e relative addizionali e anche delle imposte indirette (imposta di registro e bollo) che dunque non sono dovute.
La cedolare secca prevede due diverse imposte in misura fissa del 21 o del 10 per cento sul reddito di locazione. Anche per il 2019 sono state prorogate le due aliquote, l’aliquota del 21 si applica ai contratti a canone libero mentre quella del 10 si applica per i contratti a canone concordato e in presenza di specifici requisiti. Brevemente ricordiamo che il contratto a canone libero è svincolato da schemi predefiniti, il canone annuo è liberamente determinato dalle parti e la durata del contratto è di almeno 4 anni con rinnovo automatico per ulteriori 4 anni, mentre i contratti a canone concordato devono rispettare determinate condizioni contrattuali previste in appositi accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori, la durata è fissata in un minimo di 3 anni, con un proroga di altri 2.
Il regime della cedolare secca è indubbiamente un regime di vantaggio, ben maggiore la dove si applichi la percentuale del 10 per cento, perché consente di assoggettare l’importo del canone corrisposto dall’affittuario, c’è da dire senza alcun abbattimento forfettario, non con le aliquote irpef ordinarie (che vanno dal 23 al 43 per cento) ma ad una imposta sostitutiva ridotta.
Ora mentre non c’è dubbio sull’enorme beneficio fiscale che comporta l’applicazione della cedolare secca al 10 per cento, per quella al 21 per cento occorre fare qualche considerazione e calcolo in più.
Precisiamo che la cedolare secca al 10 per cento si applica per i contratti a canone concordato nei comuni ad alta densità abitativa o per i contratti di affitto a studenti universitari e anche per gli affitti transitori di cui alla L. 431/1998. L’aliquota al 21 per cento si applica per i contratti a canone libero.
Novità significativa prevista con la legge di bilancio 2019 è l’estensione della tassazione a cedolare secca anche per gli affitti commerciali. Fino allo scorso anno questo non era possibile. Tuttavia tale opzione con aliquota del 21 per cento è prevista per i locali appartenenti alla categoria C/1. L’art. 1, comma 59, della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 30 dicembre 2018) stabilisce che il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, può essere assoggettato al regime della cedolare secca con aliquota del 21 per cento. Poiché trattasi di un regime di vantaggio, per evitare l’adozione di comportamenti elusivi, è espressamente previsto che il detto regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale.
Quindi per le nuove locazioni di immobili commerciali teniamo conto di quanto previsto dalla legge di bilancio 2019 quando andiamo a fare la registrazione con il modello RLI utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia.
di Roberta Coviello

Tra le cose da non dimenticare !!!!!

“L’importanza di comunicare la risoluzione anticipata del contratto di locazione”
Un adempimento che non va assolutamente sottovalutato quando si stipula un contratto di locazione è il momento della eventuale risoluzione anticipata del contratto di locazione. Perché assume così tanta importanza? Assume così tanta importanza perché attraverso la comunicazione cessano gli effetti di maturazione del canone di locazione. Quindi l’Ufficio deve essere messo al corrente della cessazione anticipata del contratto di locazione che può essere fatta agevolmente con l’utilizzo del modello Rli. Quindi detto modello deve essere utilizzato per richiedere agli uffici oltre che la registrazione dei contratti di locazione e per comunicare eventuali proroghe, cessioni e anche risoluzioni o subentri.
Cosa accade se non viene comunicata la risoluzione. Comunicazione che deve avvenire nei 30 giorni dalla data in cui si verifica, indicando nel modello gli estremi di registrazione o il codice identificativo. Accade che l’ufficio è legittimato a chiederti i canoni di locazione del periodo di riferimento. Ora se ti sei scordato di fare la comunicazione o ne hai sottovalutato l’importanza puoi evitare che l’ufficio ti richieda i detti importi soltanto dimostrando che la risoluzione del contratto ci sia stata. Comunicazione che deve avere data certa, quindi la si può dimostrare con una raccomandata con ricevuta di ritorno o a nostro avviso anche con una comunicazione avvenuta a mezzo pec. Si può altresì dimostrare con una comunicazione avvenuta a mezzo posta elettronica ordinaria. A mio avviso pur avendo valore diverso rispetto alla pec, il cui valore è equiparato alla raccomandata con ricevuta di ritorno, questa costituisce una prova dell’avvenuta comunicazione. Altro modo per dimostrare che la risoluzione è avvenuta è quello di esibire la comunicazione del distacco delle utenze è sufficiente anche il distacco di una sola utenza per provare la risoluzione del contratto di locazione. E’ chiaro che pure in mancanza di comunicazione della risoluzione a mezzo Rli è possibile, qualora l’ufficio ci richieda gli importi del canone, dimostrare l’avvenuta risoluzione con quanto indicato precedentemente. Purtroppo se non abbiamo nessuna delle comunicazioni di cui sopra non siamo dunque in grado di dimostrare l’interruzione del rapporto di locazione e quindi non ci resta che aderire alla eventuale compliance che l’ufficio ci inoltra presentando la dichiarazione integrativa, che di fatto riduce le sanzioni conseguenti a questo mancato adempimento. Somme ripetiamo dovute perché non riusciamo a dimostrare la risoluzione anticipata anche se non sono state riscosse.
Quindi attenzione a questo adempimento che seppure banale, qualora non sia fatto, ha delle conseguenze negative rilevantissime. Precisiamo inoltre che per contratti per i quali si è optato per la cedolare secca la comunicazione non comporta costi aggiuntivi, mentre per i contratti per i quali non si è proceduto a detta opzione si devono pagare € 67,00 per imposta di registro utilizzando il mod F24 elide.
di Roberta Coviello

A regime il credito di imposta sugli investimenti pubblicitari

“A regime il credito di imposta sugli investimenti pubblicitari”
Gli incentivi per investimenti in pubblicità, già applicati per il 2017 e il 2018, sono stati confermati anche per il 2019 ma non solo. Infatti la L. n. 81 dell’8 agosto 2019, ha convertito il D.L. 28 giugno 2019, n. 59 con modificazioni.
Dopo l’articolo 3 è stato inserito l’art. 3 bis “modifiche all’art. 57 bis del d.l. 24 aprile 2017 n. 50, convertito con modificazioni nella L. n. 96 del 21 giugno 2017”.
Quindi il comma 1 bis stabilisce che a decorrere dall’anno 2019 il credito di imposta attribuito alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana o periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, il cui valore superi almeno l’ 1 per cento degli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell’anno precedente, è attribuito un credito di imposta, pari al 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati.
L’art. 3 bis stabilisce che la comunicazione preventiva per l’accesso al credito di imposta per l’anno 2019 andrà presentata tra il 1 e il 31 ottobre 2019.
Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, quindi è possibile utilizzare lo stesso riducendo i debiti fiscali.
Ora considerando che il comma 1 bis recita a “decorrere dal 2019”, la lettura della norma ci consente di dire che il bonus di cui parliamo è stabilizzato come beneficio fiscale nella forma del tax credit a regime.
Così come è stato fatto per utilizzare il credito di imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali per l’anno 2017 e 2018 occorrerà presentare, per gli investimenti effettuati nel 2019, la dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati, dichiarazione che va presentata nel gennaio 2020. Seguirà successivamente la pubblicazione da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria degli operatori economici che hanno presentato la comunicazione per l’accesso e che potranno fruire della detta agevolazione.
Analizziamo come debba considerarsi il credito di imposta per gli investimenti pubblicitari ai fini della tassazione ires o irpef e irap.
Ora in linea di principio in assenza di una espressa previsione, il credito di imposta è da considerarsi rilevante ai fini fiscali e quindi tassabile. A titolo puramente didattico riportiamo quanto indicato nel caso del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 3 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 9 del 21 febbraio 2014 dove il comma 8 indicava espressamente “il credito di imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR 917/86, e successive modificazioni, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione. Quindi in questo caso c’è una specifica previsione.
Nel caso del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari manca una qualsiasi previsione in questo senso e non solo, il dipartimento per l’informazione e l’editoria rispondendo alle domande più frequenti (FAQ) sul credito di imposta sugli investimenti pubblicitari, con riferimento al trattamento fiscale del bonus, e quindi alla rilevanza fiscale dello stesso ai fini irap, ires o irpef, ha dato la seguente risposta: “Considerato che la norma istitutiva dell’agevolazione (art. 57 bis del D.L. n. 50 del 2017 convertito nella L. n. 96 del 2017) non dispone espressamente la non rilevanza del credito di imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell’irap, il credito concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle suddette imposte”.
Va da se che in questo modo con la tassazione del suddetto credito si determina una riduzione in valore assoluto del beneficio stesso, dovendolo assoggettare ad imposizione.
di Roberta Coviello

I benefici fiscali per le spese sostenute per i figli

Quanto costano i figli ??? e quali benefici fiscali ne traiamo ???

In questo articolo affrontiamo quali sono i benefici fiscali che i costi per istruzione e sport per i nostri figli consentono, esaminiamo dunque quali sono le spese che possiamo detrarre in quali limiti e quale è la documentazione necessaria e da conservare per eventuali futuri controlli.

La Circolare n. 7/E del 27/4/2018 fornisce indicazioni in merito alla detraibilità di alcune spese che sosteniamo per i nostri figli, vediamo quali:

Spese per la frequenza di asilo nido:

Per le spese sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, sia pubblici che privati, spetta una detrazione dall’imposta lorda pari al 19 per cento delle dette spese, fino ad un importo massimo di euro 632 per ciascun figlio ed è ripartita tra i genitori in base all’onere da ciascuno sostenuto. Se il documento di spesa è intestato al bimbo, o ad uno solo dei genitori, è comunque possibile specificare, tramite annotazione sullo stesso, le percentuali di spesa imputabili a ciascuno dei genitori. In particolare, il genitore che ha sostenuto la spesa può fruire della detrazione anche se il documento è intestato all’altro genitore e anche se non è fiscalmente a carico di quest’ultimo.

Spese di istruzione non universitarie

Sono detraibili nella misura del 19 per cento le spese di istruzione non universitaria, ossia quelle sostenute per la frequenza di scuole dell’infanzia (scuole materne); scuole primarie e scuole secondarie di primo grado (scuole elementari e medie); scuole secondarie di secondo grado (scuola superiore); sia statali sia paritarie private e degli enti locali, per un importo massimo di € 786,00.
Tra le spese ammesse alla detrazione rientrano: le tasse (a titolo di iscrizione e di frequenza); i contributi obbligatori; i contributi volontari; la mensa scolastica, l’assistenza al pasto e il pre e post scuola, le gite scolastiche, l’assicurazione , corsi di lingua, teatro, ecc. se deliberati dall’istituto.
Se le spese sono pagate a soggetti terzi, è necessario richiedere alla scuola la copia della delibera scolastica. Nel caso in cui il pagamento sia effettuato per più alunni dal rappresentante di classe, è necessaria una attestazione dell’istituto scolastico con i dati di ciascun alunno.

Spese di istruzione universitaria

La detrazione spetta, nella misura del 19 per cento, delle spese sostenute per la frequenza di corsi di laurea presso università statali e non statali, di perfezionamento e/o di specializzazione universitaria, tenuti presso università o istituti universitari pubblici o privati, italiani o stranieri, corsi di istruzione universitaria, corsi di specializzazione, corsi di perfezionamento; master universitari; corsi di dottorato di ricerca, Istituti tecnici superiori (ITS), nuovi corsi istituiti presso i Conservatori di Musica e gli Istituti musicali pareggiati, la partecipazione ai test di accesso ai corsi di laurea, la frequenza dei Tirocini Formativi Attivi (TFA)

Spese per attività sportive praticate dai ragazzi

La detrazione spetta, nella misura del 19 per cento, per le spese sostenute per la pratica sportiva dilettantistica dei ragazzi di età compresa tra i cinque e i diciotto anni, presso associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, calcolata su un ammontare massimo di spesa pari a euro 210 per ogni figlio fiscalmente a carico.
La spesa deve essere documentata attraverso bollettino bancario o postale, fattura, ricevuta o quietanza di pagamento, dove deve essere riportata la denominazione,la sede e il codice fiscale dell’associazione sportiva, palestra, ecc.); la causale del pagamento (iscrizione, abbonamento ecc.); l’attività sportiva esercitata (es. nuoto, pallacanestro ecc.); l’importo pagato; i dati anagrafici del ragazzo praticante l’attività sportiva dilettantistica e il codice fiscale del soggetto che effettua il versamento.

Contributi per riscatto degli anni di laurea

Si tratta dei contributi relativi al riscatto di corsi universitari di studio per i familiari a carico se i contributi sono versati a favore degli “inoccupati” da familiari di cui gli stessi risultino fiscalmente a carico, a tali contribuenti spetta una detrazione nella misura del 19 per cento dei contributi medesimi
Se, invece, il soggetto per il quale si richiede il riscatto degli anni di laurea è stato iscritto, anche solo in passato, ad una qualsiasi gestione previdenziale, i contributi di riscatto sono deducibili ai sensi dell’art. 10 del TUIR.

Canoni di locazione sostenuti da studenti universitari fuori sede

Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei canoni pagati per contratti di locazione stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, dei canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati dagli studenti con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative, per un importo non superiore a 2.633 euro.
Gli studenti devono essere iscritti ad un corso di laurea presso un’università ubicata in un comune diverso da quello di residenza, distante da quest’ultimo almeno 100 chilometri e comunque in una provincia diversa. Il contratto di locazione deve avere ad oggetto unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l’università o in comuni limitrofi.
La detrazione non spetta agli studenti che frequentano corsi post laurea quali master, dottorati di ricerca e corsi di specializzazione, sia in Italia che all’estero.
La detrazione non spetta per il deposito cauzionale, le spese condominiali e/o di riscaldamento comprese nel canone di locazione e per i costi di intermediazione.
Nel caso in cui il contratto di locazione sia cointestato a più soggetti, il canone è attribuito pro quota a ciascun intestatario del contratto a prescindere dal fatto che i conduttori abbiano o meno i requisiti per beneficiare della detrazione. Qualora i canoni siano pagati non dallo studente, ma da un familiare di cui lo studente risulti fiscalmente a carico, la detrazione compete al familiare.
La detrazione spetta anche a studenti iscritti a un corso di laurea presso un’università situata fuori dal territorio nazionale purché sia ubicata in uno degli Stati dell’Unione europea.

Spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico

E’ prevista una detrazione pari al 19% delle spese sostenute, anche nell’interesse dei soggetti a carico, per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale/regionale e interregionale per un importo non superiore a € 250.

Studenti con diagnosi di Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento)

A favore degli studenti affetti da “disturbi specifici dell’apprendimento”, e’ prevista una detrazione
Irpef del 19% per le spese sostenute per l’acquisto di strumenti e sussidi tecnici e informatici necessari all’apprendimento nonché per l’utilizzo di strumenti che favoriscono la comunicazione verbale e assicurano una gradualità di apprendimento delle lingue straniere. La detrazione spetta fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado alle persone alle quali è stato diagnosticato uno dei disturbi specifici dell’apprendimento, sia che si tratti di minori che di maggiorenni e può essere usufruita anche per le spese sostenute nell’interesse dei familiari a carico

di Loredana Manara

Invio telematico dei corrispettivi

“Invio telematico dei corrispettivi”

Ulteriore adempimento che  è scattato il 1 luglio 2019 è la trasmissione telematica dei corrispettivi.

Occorre innanzitutto precisare che, a differenza di quanto previsto per la fattura elettronica che può essere fatta attraverso il supporto di un intermediario fiscale, per i corrispettivi ciò non è possibile e quindi l’esercente, il commerciante, dovrà dotarsi di registratore telematico in grado di garantire quotidianamente la trasmissione giornaliera dei corrispettivi.

Nonostante l’esercente dovrà adempiere direttamente a questo obbligo, l’intermediario continuerà a registrare i corrispettivi, perché questi costituiscono ricavi ai fini reddituali e soprattutto perché ciò è necessario per elaborare la liquidazione IVA, che sarà mensile o trimestrale,  a seconda della cadenza in cui ci si trovi.

L’obbligo dal 1 luglio 2019 è scattato per i soggetti passivi IVA, con un volume d’affari su base annua dell’anno precedente, superiore a 400 mila euro, che svolgono operazioni ai sensi dell’art. 22 del DPR 633/72, per attività che prevedono l’obbligo di rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale.

Dato l’obbligo di cui narriamo, al cliente verrà rilasciato un documento commerciale al posto dello scontrino o ricevuta fiscale. Tale documento commerciale serve a certificare l’acquisto effettuato ai fini delle garanzie che eventualmente devono essere attivate.

Per tutti gli altri operatori la decorrenza dell’obbligo si ha a partire dal 1 gennaio 2020.

Gli attuali misuratori fiscali, e quindi i registratori di cassa, andranno progressivamente sostituiti oppure integrati, se tecnicamente possibile, per permettere di memorizzare e trasmettere i dati giornalieri.

Proprio per venire incontro agli operatori obbligati  a questo nuovo adempimento, viene riconosciuta una agevolazione, quale credito di imposta, in misura pari al 50% della spesa sostenuta per l’acquisto e l’adattamento  degli attuali registratori di cassa, per un massimo di 250 euro in caso di acquisto e di 50 euro in caso di adattamento del vecchio registratore. Il credito di imposta può essere utilizzato in compensazione nella prima liquidazione periodica IVA, successiva al mese in cui è stata registrata la fattura.

Ora nell’era telematica  una considerazione va fatta nel caso in cui non funzioni il registratore telematico oppure, qualora non ci sia il collegamento internet e quindi non sia possibile trasmettere i corrispettivi.

Nel caso in cui il registratore non funzioni, come nel passato occorre tempestivamente chiamare il tecnico abilitato,  che procede alla riparazione, ma oltre a questo occorre segnalare all’Agenzia delle Entrate che il registratore è “fuori uso” e quindi utilizzare la procedura d’emergenza dedicata. Dopo aver effettuato la segnalazione che il Registratore è fuori servizio, si possono trasmettere  i corrispettivi giornalieri memorizzati “manualmente”.  Quindi dopo aver segnalato che il registratore è fuori servizio occorrerà tener traccia dei corrispettivi con le modalità di cui al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia   delle Entrate n. 182017 del 28  ottobre 2016 che stabilisce che si dovrà procedere “all’annotazione dei dati dei corrispettivi delle singole operazioni giornaliere su apposito registro da tenere anche in modalità informatica”. Tali corrispettivi comunque saranno trasmessi telematicamente. Si consideri che in virtù del fatto che si è fatta la comunicazione all’interno della scheda del RT che è fuori servizio è possibile che la trasmissione telematica possa essere effettuata oltre che dal contribuente, in possesso delle proprie credenziali, (Fisconline, Entratel, Spid), anche da un intermediario che è delegato al servizio corrispettivi.

Ovviamente i dati comunicati saranno memorizzati nella posizione dell’esercente, infatti la comunicazione viene effettuata per conto di questi.  Quando verrà aggiustato il RT, l’esercente comunicherà la riattivazione in servizio dello stesso e quindi giornalmente verrà trasmesso il file XML contenente i corrispettivi giornalieri. I files giornalieri devono essere trasmessi telematicamente entro 12 giorni.

Ora analizziamo cosa  accade se manca la connessione internet, indispensabile nell’era digitale per la trasmissione dei dati.

Innanzitutto il decreto crescita, D.L. 30 aprile 2019 n. 34 convertito nella L. 58 del 28 giugno 2019, ha modificato la tempistica di trasmissione stabilendo che vi sono 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione per la trasmissione dei dati.

Quindi anche in assenza di connettività si può stare relativamente tranquilli considerato il maggior lasso di tempo previsto, anche se è opportuno verificare se non ci siano problematiche di altra natura.

Qualora non si riuscisse a ripristinare il collegamento nei 12 giorni previsti per l’invio è possibile utilizzare la procedura di emergenza dedicata all’assenza di rete dove sarà possibile caricare il file XML che sarà  generato dall’apparecchio e sigillato dallo stesso.

Quindi sarà possibile caricare il file firmato su altro computer, sia dal contribuente stesso che dall’intermediario, che sia stato delegato all’area  corrispettivi, e procedere all’invio.

La procedura d’urgenza che abbiamo descritto è appunto una procedura d’urgenza e quindi non può essere utilizzata come modalità ordinaria di trasmissione, ma solo quando la rete è assente a seguito di guasto, questo comporta che i contribuenti devono mettersi in condizione e dotarsi di una rete e quindi di una connessione funzionante.

di Roberta Coviello

 

Bonus mobili ed elettrodomestici

“Bonus mobili ed elettrodomestici”

Con la legge di stabilità 2019, tra le altre, è stata prevista la proroga del bonus mobili ed elettrodomestici. La legge di bilancio ha dunque prorogato l’agevolazione agli acquisti che si effettuano nel 2019. La detrazione è prevista nella misura del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore a A+ (A per i forni) destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. La spesa massima sulla quale si può ottenere l’agevolazione è di € 10.000,00.

Per ottenere l’agevolazione è tuttavia indispensabile realizzare un intervento di ristrutturazione edilizia dell’immobile. Quindi il bonus mobili e arredi ed elettrodomestici spetta solo se c’è stata una comunicazione di inizio lavori documentato a mezzo DIA, SCIA, CILA a partire dal 2018 in poi.

L’agevolazione è dunque agganciata a interventi di ristrutturazione. Deve trattarsi di interventi di manutenzione straordinaria. Precisiamo che i lavori di manutenzione ordinaria, quali possono essere la tinteggiatura di pareti e soffitti, rifacimenti di intonaci interni, non consentono l’utilizzo del bonus.

La detrazione compete per i mobili  e dunque non vi rientrano tende e tendaggi o altri complementi di arredo. Vi rientrano invece le spese di trasporto e le spese di montaggio dei beni acquistati. Per grandi elettrodomestici intendiamo i frigoriferi, i congelatori, le lavatrici, lavastoviglie, stufe elettriche, forni a microonde, piastre riscaldanti elettriche.

A differenza delle spese di ristrutturazione, il cui pagamento per poter beneficiare della detrazione, può essere fatto solo tramite bonifico, “bonifico per agevolazione fiscale”, nel caso del bonus per mobili ed elettrodomestici il pagamento può essere fatto con bonifico o carta di credito o di debito. Non è ammesso fare il pagamento a mezzo di assegni bancari, denaro contante o altri mezzi di pagamento.

I documenti che occorre conservare per portare in detrazione il bonus sono la ricevuta del bonifico, nel caso della carta di credito o debito la ricevuta di avvenuta transazione, fattura di acquisto dei beni, riportanti la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi acquistati. Si può altresì utilizzare lo scontrino fiscale che contenga il codice fiscale del soggetto che procede all’acquisto ma, anche in assenza di codice fiscale sullo scontrino, la detrazione è comunque ammessa se in esso è indicata la natura, qualità e quantità dei beni acquistati ed è riconducibile al contribuente titolare della carta.

di Roberta Coviello

 

 

 

 

“POS obbligatorio, ci si può rifiutare”

“POS obbligatorio, ci si può rifiutare”

Il POS che in inglese sta per point of sale è una soluzione di pagamento elettronico. Grazie al POS, terminale di pagamento elettronico, i clienti possono pagare in un negozio fisico (bar, punto vendita) attraverso carte di credito, carte di debito, carte prepagate e altri sistemi di pagamento elettronici.

In Italia l’obbligo di dotarsi di POS risale al governo Monti, decreto legge n. 179 del 2012. Solo nel giugno 2014 diventa obbligatorio per tutti gli esercenti, imprese e professionisti, ristoranti, commercianti, bar,  favorire il pagamento mediante POS a seguito della richiesta del cliente.

Nella prima introduzione era necessario che la richiesta di pagamento tramite POS fosse fatta dal debitore, non erano previste sanzioni ed era altresì previsto un limite di spesa e di pagamento di € 30,00. Tuttavia proprio la non previsione di sanzioni e quindi la possibilità da parte del professionista, commerciante di rifiutarsi e di non incorrere in nessuna sanzione ha portato di fatto ad una scarsa utilizzazione della moneta elettronica.

Con la legge di stabilità del 2016 si  è ridotto il limite di 30,00 euro di spesa abbassandolo a € 5,00. Si è inoltre cercato di prevedere sanzioni destinate ai soggetti che non si attenevano alla normativa. Il governo Renzi – Gentiloni ha provato a delineare un sistema sanzionatorio per i soggetti che rifiutano di accettare pagamenti con  moneta elettronica. L’ipotesi era quella di applicare la sanzione prevista dall’art. 693 del codice penale in caso di mancata accettazione di moneta avente corso legale in Italia. Multa pari a € 30,00 per ciascuna transazione rifiutata. Quindi l’ipotesi era quella di applicare la sanzione prevista dall’art. 693 del Codice penale che stabilisce che “chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a € 30,00”.

Tuttavia il Consiglio di Stato ha bocciato la disposizione per evidente antitesi con l’art. 23 Costituzione. E’ dunque necessario occorre individuare una sanzione propria che non sia connessa all’utilizzo della moneta. Ad oggi siamo di fronte ad un obbligo che esiste solo sulla carta e la cui inosservanza non comporta conseguenze. Quindi ad oggi ci si può anche rifiutare di accettare pagamenti con strumenti diversi dal denaro contante.

Altra considerazione che a mio avviso va fatta è che non si può pretendere di fare la lotta all’evasione, perché di questo stiamo parlando, limitando l’uso del denaro contante il tutto però gravando gli operatori economici di tutti i costi ad esso connessi. Se si vuole combattere l’evasione con questo strumento va bene, ma si deve fare azzerando totalmente i costi di commissione sulle transazioni, a mio avviso di qualunque importo si tratti. Non si può pensare che il commerciante sostenga l’onere relativo al costo di installazione del POS, il canone mensile, il costo della singola transazione, il tutto per consentire allo Stato di raggiungere il suo obiettivo. Ci può stare assolutamente bene che questo sia il fine ma è evidente che lo si debba raggiungere senza “danneggiare” e “gravare” le realtà produttive e professioni, grandi e piccole,  di questo paese.

Pertanto concludiamo affermando che attualmente è assolutamente possibile e legittimo rifiutarsi di accettare pagamenti con strumenti elettronici.

Le spese di PMA

“Quattro chiacchiere sulle detrazioni fiscali per spese relative alla Procreazione medicalmente assistita, prendendo spunto da una unione civile”

      Qualche giorno fa al mio studio si è rivolta una coppia unita civilmente.

L’unione civile, nel nostro ordinamento, è un istituto di diritto pubblico comportante il riconoscimento giuridico della coppia formata esclusivamente da persone dello stesso sesso e finalizzato a stabilirne diritti e doveri reciproci.    L’istituto è stato approvato in Parlamento l’ 11 maggio 2016 ed entrato in vigore il 5 giugno 2016. Pertanto l’istituto dell’unione civile è destinato a persone dello stesso sesso.

Da un punto di vista fiscale questa coppia può utilizzare il mod. 730 congiunto, con la specifica previsione nel modello stesso di detta possibilità. Quindi per questo adempimento equiparazione alle coppie “coniugate”.

Affrontiamo, pur partendo da questo aspetto, la problematica che mi si è posta e che assume a mio avviso maggior rilievo.

Ora, le considerazioni che seguono prescindono dal tipo di coppia, perché la discriminazione è ben maggiore e riguarda il singolo individuo.

Parliamo dunque delle spese mediche e delle detrazioni per spese mediche. Domandiamoci in via preliminare perché il diritto tributario prevede le detrazioni fiscali e in particolare le detrazioni per spese mediche. Quale è il principio alla base delle detrazioni ?

Le detrazioni, che determinano  una riduzione dell’imposta dovuta, riguardano talune tipologie di spese sostenute dal contribuente. Partendo dalla considerazione che essendo l’irpef  un’imposta personale, ossia che tiene conto della situazione economica e sociale del contribuente, attua attraverso le deduzioni, che riducono la base imponibile, e le detrazioni, che riducono l’ammontare dell’imposta, il rispetto dell’effettiva capacità contributiva di ciascun contribuente.

In particolare la detrazione si calcola applicando alla spesa sostenuta una determinata percentuale e sottraendo l’importo così calcolato dall’imposta.

Qual è la discriminante ai fini della determinazione della detrazione?

Naturalmente è il tipo di spesa, ossia la spesa sanitaria in quanto tale, ossia la spesa sostenuta per prestazioni mediche o per l’acquisto di farmaci o di protesi. Quindi la ratio alla base delle disposizioni di cui sopra è rimodulare la capacità contributiva del contribuente.

Ma il nostro ordinamento tributario che fa ?  stabilisce che non tutti i contribuenti sono uguali, non tutti devono partecipare secondo un identico principio costituzionale e arriviamo  dunque all’argomento che mi preme trattare.

L’elenco delle spese sanitarie detraibili è stato più volte affrontato e elencato dalle circolari ministeriali dell’Agenzia delle Entrate. Ma attenzione a quando si parla di spese mediche sostenute per gli interventi di procreazione medicalmente assistita (PMA), perché  in questo caso non si parla più di spesa medica sostenuta dal contribuente ma ci inoltriamo in un terreno minato e a mio avviso senz’altro discriminatorio.

Vediamo cosa prevede la normativa.

La spesa per gli interventi di procreazione medicalmente assistita è detraibile da entrambe i componenti della coppia. La detrazione spetta anche per le prestazioni di crioconservazione di ovociti e degli embrioni. Le spese sono detraibili anche quando sostenute all’estero. Ma qui la circolare cosa stabilisce ?  La  circolare Ade n. 13/2019 stabilisce che le prestazioni siano eseguite per le finalità consentite in Italia. Quindi nel nostro paese la detrazione della spesa sanitaria è soggetta ad una ulteriore discriminante che è quella che in materia di procreazione medicalmente assistita è stabilita dalla legge n. 40 del 2004, che ha dettato disposizioni in tema di accesso alla PMA.

Ora è per me chiaro che la limitazione alla possibilità della detrazione della spesa che non vale per tutti i contribuenti, e nello specifico per le coppie dello stesso sesso, è in quanto tale una violazione di precise norme costituzionali in tema di capacità contributiva come disciplinato dall’art. 53 della Costituzione e non solo.  L’articolo in oggetto stabilisce al primo comma che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Inoltre non ci dimentichiamo che l’art. 3 della Costituzione stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Quindi tutti dobbiamo essere trattati nello stesso modo, non devono esserci discriminazioni.   Ora per capacità contributiva di cui all’art. 53 cost. deve intendersi l’idoneità economica del contribuente a corrispondere la prestazione coattiva imposta.   L’art. 53  ha una funzione solidaristica, il tributo è un dovere di convivenza sociale, di cooperazione tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo sociale al fine di partecipare alle spese comuni.

Alla base dovrebbe esserci il principio di uguaglianza e la discriminante, per cui  possano  esserci trattamenti in apparenza differenti rispetto ad alcune fattispecie,  non  deve  e  non  dovrebbe riguardare la tipologia della spesa. Una spesa per prestazione medica è tale a prescindere. Il soggetto è il contribuente in quanto tale.

Chiaramente chi scrive ha una certa amarezza nel prendere atto che ci sia una discriminazione tra soggetti e che nello specifico, per quanto riguarda le spese mediche, ci sia un contribuente di serie A e uno di serie B.

Ovviamente il mio è solo un intervento di riflessione e come comportarsi di fronte a questa evidenza è lasciato alla libertà del singolo, se forzare   assumendo le eventuali e possibili  conseguenze negative legate al non riconoscimento di spesa o adeguarsi ad una disposizione tributaria fortemente ingiusta e discriminatoria. Ma i cambiamenti richiedono sempre una presa di posizione !!!!.

 

 

 

 

Ristrutturazioni edilizie

RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE 2019
AGEVOLAZIONI
Gli interventi di recupero sul patrimonio edilizio, sia che effettuati su singole unità abitative sia effettuati su parti comuni per gli edifici condominiali, beneficiano di agevolazioni fiscali. Agevolazioni che si sono ripetute e rinnovate nel corso degli anni.
Anche la legge di bilancio 2019 ha prorogato la detta agevolazione, rinviando fino al 31 dicembre 2019 la possibilità di fruire della maggiore detrazione irpef 50 % e del limite di spesa massimo pari a € 96.000,00, per ciascuna unità immobiliare. A partire dal 1 gennaio 2020, salvo variazioni, la detrazione scenderà al 36 % e il limite massimo di spesa scenderà altresì a € 48.000,00, per ciascuna unità immobiliare.
Ulteriore obbligo previsto a partire dal 2018 è quello di trasmettere all’ENEA le informazioni sui lavori effettuati, così come previsto per gli interventi di riqualificazione energetica.
A chi è destinato il suddetto beneficio. Non solo ai proprietari o nudi proprietari dell’immobile, o meglio dell’unità abitativa, ma ai titolari di diritti reali di godimento, quindi ai titolari di diritto di usufrutto, uso, abitazione o superficie, nonché ai titolari di diritti personali di godimento e quindi anche al locatario o comodatario.
Inoltre hanno diritto alla detrazione, a condizione che sostengano la spesa ossia che materialmente provvedano ad effettuare il pagamento, il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile. Unica condizione è che il familiare convivente sia o il coniuge o un parente entro il terzo grado o un affine entro il secondo grado, ossia viene stabilito un limite nell’estensione del grado di parentela.
Spetta la detrazione anche al componente dell’unione civile, unioni introdotte nel nostro ordinamento con la L. n. 76/2016.
Quindi la detrazione compete anche per le abitazioni comunali anche se intestate al proprietario dell’immobile. E’ necessario dunque che il beneficiario della detrazione abbia titolo idoneo, ne sostenga la spesa e sia intestatario delle fatture e dei bonifici.
Gli interventi per i quali compete l’agevolazione sono molto ampi.
Si parla di lavori di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia.
Gli interventi agevolabili sono quelli previsti e dettagliati dal Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
Precisiamo che non sono agevolabili gli interenti quando gli stessi sono considerati nel complesso “nuova costruzione” perché determinano un ampliamento della volumetria, qualora infatti la ristrutturazione avviene senza demolire l’edificio esistente, e con ampliamento dello stesso, la detrazione spetta solo per le spese riguardanti la parte esistente. L’ampliamento configura nuova costruzione e quindi non è ammesso al beneficio fiscale. Si pone il problema poi di individuare quale parte dei lavori, per spesa, si riferisce a ristrutturazione e quale a ampliamento e quindi non ammessa al beneficio.
Sono ammessi al beneficio fiscale gli interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, purchè sia dichiarato lo stato d’emergenza. Stato di emergenza che ricordiamo deve essere dichiarato dal Consiglio dei Ministri in modo autonomo, senza bisogno di ricorrere al Parlamento. E’ il Presidente di regione che lo richiede.
Sono altresì agevolabili i lavori finalizzati alla eliminazione di barriere architettoniche nonché quelli finalizzati a favorire la mobilità interna o esterna all’abitazione per le persone con disabilità grave.
Sono equiparabili i lavori di cablatura degli edifici e i lavori destinati al contenimento dell’inquinamento acustico, di bonifica dell’amianto.
Sono altresì agevolabili gli interventi per l’adozione di misure antisismiche, con particolare riguardo all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica. Si precisa che per le opere relative a interventi di adozione di misure antisismiche sono previste detrazioni più elevate, dunque con percentuali più elevate di detrazione e la possibilità di essere utilizzate fino al 31 dicembre 2021. Queste agevolazioni sono note come sisma bonus.
E’ importante sottolineare che oltre alle spese necessarie per l’esecuzione dei lavori è possibile portare in detrazione anche le spese accessorie, quali progettazione, acquisto di materiali, spese per la conformità dei lavori, gli oneri di urbanizzazione, necessarie all’esecuzione dei lavori stessi.
AGEVOLAZION IVA
Tra le agevolazioni nell’ambito dei lavori di ristrutturazione rientra l’applicazione dell’IVA ridotta. IVA che si applica oltre che sulle prestazioni di servizi anche sulle cessioni di beni ceduti nell’ambito del contratto di appalto. Tuttavia se sono ceduti anche beni di “valore significativo” occorre fare un calcolo particolare perché l’IVA agevolata si applica sulla differenza tra il valore complessivo della prestazione e quello dei beni stessi.
REGOLE PER AVERE LA DETRAZIONE
Fino al 31 dicembre 2019 il limite di spesa massimo è di € 96.000,00 per ciascuna unità immobiliare e con la percentuale del 50 %.
Questo limite è annuale e riguarda il singolo immobile. Ciascun contribuente ha diritto a detrarre annualmente la quota spettante nei limiti dell’irpef dovuta per l’anno di riferimento. Non è ammesso il rimborso di somme eccedenti l’imposta. La detrazione deve essere riportata in 10 quote annuali di pari importo. Se in un anno non ho presentato dichiarazione perché non tenuto o perché la dichiarazione per la detrazione era incapiente, posso utilizzare la detrazione nei successivi periodi di imposta indicando il numero della rata corrispondente.
ADEMPIMENTI
Vediamo quali sono gli adempimenti previsti per ottenere la detrazione.
Occorre innanzitutto indicare in dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile per il proprietario che ha effettuato i lavori, ovvero gli estremi di registrazione dell’atto che ne determina il titolo di detenzione, qualora non si tratti del proprietario.
QUALI SONO LE COMUNICAZIONI OBBLIGATORIE
Innanzitutto va fatta comunicazione alla ASL, con le generalità del committente dei lavori, il luogo o la natura dell’intervento, dati identificativi della ditta che esegue i lavori. Questa comunicazione non è obbligatoria quando i decreti legislativi relativi alle condizioni di sicurezza nei cantieri non prevedono tale obbligo. Quindi per questa comunicazione va fatto riferimento a quanto prevedono le disposizioni sulla sicurezza.
Altra comunicazione introdotta dalla legge di bilancio 2018 è la comunicazione obbligatoria all’ENEA, comunicazione che riguarda le informazioni sui lavori effettuati. Per gli interventi terminati nel 2018 la comunicazione andava fatta entro il 1 aprile 2019 attraverso il sito intitolato a ristrutturazioni 2018.enea.
Per i lavori terminati nel 2019 la comunicazione va fatta entro 90 giorni dalla data di fine lavori attraverso il sito intitolato a bonuscasa2019.enea.
Per poter beneficiare della detrazione è importante effettuare i pagamenti tramite bonifico. Nella sezione dei bonifici, utilizzando il proprio conto on line c’è la possibilità di fleggare la sezione “bonifico per agevolazione fiscale” dove si devono indicare il codice fiscale o numero di partita IVA del beneficiario del pagamento e il codice fiscale del beneficiario della detrazione, oltre ad indicare la causale del pagamento che distingue tra lavori di ristrutturazione edilizia art. 16 bis del TUIR (917/86) oppure risparmio energetico.
Al momento del pagamento del bonifico la banca opererà una ritenuta dell’8% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori, la banca provvederà altresì in qualità di sostituto di imposta a versare la ritenuta d’acconto e a certificare la stessa con il rilascio del modello di certificazione unica e a trasmettere il mod. 770 con i dati di rilievo. Fare attenzione a rispettare tutto quanto previsto in termini procedurali per evitare di perdere il beneficio della detrazione.
Quindi è importante fare la comunicazione alla ASL se obbligatoria, la comunicazione all’Enea alla fine dei lavori o secondo i tempi previsti per i lavori effettuati prima del 2019. Per quanto riguarda il bonifico, qualora non si sia utilizzato il bonifico dedicato è possibile tuttavia beneficiare della detrazione a condizione che ci si faccia rilasciare, dal beneficiario del bonifico, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui il beneficiario dell’accredito attesti di aver ricevuto le somme e di averle incluse nella propria contabilità di impresa.