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Studio Coviello







Responsabilità in solido per gli oneri condominiali

L’individuazione del momento in cui sorge l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali rileva sotto due profili: a) nei rapporti interni tra alienante e acquirente, se gli stessi non si siano diversamente accordati (ma i patti tra loro intercorsi sono inopponibili al condominio); b) nei rapporti esterni con il condominio, ai fini della sussistenza della responsabilità solidale dell’acquirente di cui all’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., che è estesa «all’anno in corso e a quello precedente». È utile sottolineare che il termine «anno» adoperato dal legislatore al fine di delimitare l’estensione temporale della responsabilità solidale dell’acquirente è interpretato, anche dalla giurisprudenza, come riferito all’anno di esercizio della gestione condominiale, non necessariamente coincidente con l’anno solare. In sostanza, secondo l’ormai consolidata interpretazione, l’arco di tempo entro il quale si estende la suddetta responsabilità solidale dell’acquirente dipende in concreto dai limiti temporali stabiliti per l’esercizio condominiale dell’edificio di cui è parte l’immobile oggetto di acquisto: nella pratica, del resto, è frequente che l’esercizio condominiale si chiuda il 31 marzo o il 30 giugno di ogni anno anziché il 31 dicembre.

Perciò, per esempio, se l’unità immobiliare in regime di condominio è stata trasferita il 15 marzo 2020 e l’alienante ha debiti condominiali risalenti al mese di giugno 2018, l’acquirente può essere chiamato a risponderne solidalmente con il proprio dante causa se l’esercizio condominiale si chiude il 31 marzo di ogni anno. In questo caso, infatti, l’acquirente è solidalmente responsabile per i contributi condominiali relativi all’esercizio in corso al momento della vendita, che va dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2020, e per quelli relativi all’esercizio precedente, apertosi il 1° aprile 2018 e chiusosi il 31 marzo 2019.

È questo un aspetto rilevante perché se il riferimento all’anno, invece, fosse interpretato come relativo all’anno civile o a quello solare le conseguenze pratiche sarebbero diverse. Infatti se per anno si intendesse l’anno civile, nell’esempio proposto la responsabilità solidale dell’acquirente sarebbe esclusa perché riguarderebbe solo i debiti   dell’alienante relativi agli anni 2020 e 2019. Così pure, se per anno si intendesse l’anno solare, nel diverso caso in cui l’alienazione sia effettuata il 1° aprile 2020, vi siano debiti condominiali risalenti al 1° aprile 2018 e l’esercizio condominiale si chiuda il 31 marzo di ogni anno, l’acquirente sarebbe chiamato a rispondere di tutti i debiti condominiali dal 1° aprile 2018 al 1° aprile 2020 (mentre se l’anno è quello dell’esercizio condominiale l’acquirente è responsabile per i contributi condominiali relativi all’esercizio in corso (che va dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2021) e per quello precedente (apertosi il 1° aprile 2019 e chiusosi il 31 marzo 2020).

Un punto fermo nella determinazione dell’ambito temporale della responsabilità solidale dell’acquirente dell’unità immobiliare in condominio è che essa sia limitata al biennio precedente l’acquisto in forza della speciale disciplina prevista dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., che esclude l’applicazione dell’art. 1104, terzo comma, c.c. dettato in materia di comunione in generale.

Detta responsabilità, inoltre, è caratterizzata dal vincolo della solidarietà, in forza del quale l’amministratore del condominio può rivolgersi anche nei confronti dell’acquirente; visto dall’angolo visuale opposto, dunque, l’acquirente non può sottrarsi al pagamento dei contributi richiestigli dall’amministratore, quantunque nello stato di ripartizione a suo tempo approvato dall’assemblea compaia il nome del suo dante causa.

Tuttavia, la responsabilità dell’acquirente prevista dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. ha natura personale perché, per il periodo precedente l’acquisto, non può per lui configurarsi un’obbligazione propter rem dato che non è proprietario; egli, quindi, ha diritto di rivalersi nei confronti del suo dante causa per i contributi corrisposti al condominio maturati in epoca anteriore al proprio acquisto.

Tale circostanza sul piano teorico attenua la portata della responsabilità dell’acquirente ma, in concreto, non va trascurata la possibilità di un regresso infruttuoso qualora l’alienante non abbia altri beni aggredibili oltre quello alienato.

Riassumendo è evidente quanto sia importante che  nella fase istruttoria degli atti di alienazione di unità immobiliari in condominio, si informi l’acquirente della disciplina dettata dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. e lo si inviti a  cautelarsi chiedendo al suo dante causa di produrgli, nell’imminenza della stipula dell’atto, un’attestazione rilasciata dall’amministratore del condominio circa la regolarità dei pagamenti dei contributi condominiali da parte dell’alienante.

Il nuovo precetto va coordinato con un’altra novità introdotta dalla legge n. 220/2012 e segnatamente con l’art. 1130, primo comma, n. 6) c.c. che aggiunge alle attribuzioni dell’amministratore quella di «curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale». In sostanza, per effetto di tale disposizione, nell’ipotesi di trasferimento per atto tra vivi, a qualsiasi titolo, di unità immobiliari in regime di condominio, la trasmissione all’amministratore della copia autentica dell’atto di trasferimento è essenziale al fine della liberazione dell’alienante dall’obbligo di pagamento dei contributi condominiali. Ne consegue che, sino alla data di trasmissione della suddetta copia autentica, l’alienante è coobbligato con l’acquirente, nei confronti del condominio, per tutti i contributi condominiali sino ad allora maturati. La ratio della norma è di indurre l’alienante a cooperare fattivamente al tempestivo aggiornamento del registro di anagrafe condominiale e di evitare in tal modo di far gravare sull’amministratore l’attività e i costi conseguenti all’individuazione dei titolari delle unità immobiliari in condominio. Come ben sanno i  notai, però, pressoché contemporaneamente all’entrata in vigore della riforma, si è formata una importante prassi notarile che ha reso ancor più tempestiva l’applicazione dell’art. 63, ultimo comma, sopra citato. La finalità informativa cui la norma è preordinata, infatti, è stata soddisfatta mediante uno strumento equivalente a quello previsto dal legislatore, idoneo ad offrire le stesse garanzie di autenticità e certezza proprie della «copia autentica del titolo». Alludo alla cosiddetta dichiarazione di avvenuta stipula – rilasciata dai notai immediatamente dopo la conclusione dell’atto (e, eventualmente, la sua annotazione nel Repertorio) – contenente tutte le indicazioni utili all’amministratore di condominio ai fini della tenuta del registro di anagrafe condominiale.

L’utilità della dichiarazione di avvenuta stipula, peraltro, non è tanto legata al fatto che può essere predisposta più tempestivamente della copia autentica del titolo  quanto piuttosto alla circostanza che la stessa, a differenza del meccanismo previsto dalla legge, salvaguarda evidenti ragioni di riservatezza dei contraenti su aspetti dell’alienazione irrilevanti per la tenuta del registro dell’anagrafe condominiale: quali, per esempio, nel caso della compravendita,  l’entità del prezzo, le sue modalità di pagamento, l’eventuale intervento di uno o di entrambi i genitori dell’acquirente ai fini della corresponsione di una parte o dell’intero prezzo.

Sotto il profilo letterale, l’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., sembra riferirsi ai trasferimenti per atto tra vivi («chi cede …»).

Ci si è chiesti, quindi, se la norma si applichi anche ai trasferimenti mortis causa.

A prescindere dalla diverse tesi  è bene sottolineare che l’obbligo di pagamento dei contributi condominiali dovuti dal de cuius prima della morte, trattandosi di un debito ereditario, grava sugli eredi, i quali, vi sono tenuti parziariamente, ossia in proporzione delle rispettive quote, ai sensi dell’art. 752 c.c. Per i contributi condominiali dovuti dopo la morte del de cuius, invece, il soggetto obbligato al pagamento è il nuovo titolare del diritto di proprietà dell’unità immobiliare cui i contributi condominiali si riferiscono, stante la natura di obbligazione propter rem che li caratterizza. Pertanto, occorre distinguere a seconda che il trasferimento mortis causa dell’immobile sia avvenuto: a) a titolo universale e a favore di una pluralità di chiamati pro quota; b) a titolo universale ma mediante una institutio ex re certa; c) a titolo di legato.

Nel primo caso, al pagamento dei contributi sono tenuti i coeredi, solidalmente, in quanto comproprietari, non diversamente da quanto avviene in ogni ipotesi di contitolarità del diritto di proprietà dell’unità immobiliare in condominio; nel secondo, invece, vi è tenuto soltanto l’erede cui sia stata assegnata ex re certa l’unità immobiliare in condominio; nel terzo, similmente, vi è tenuto esclusivamente il beneficiario del legato avente ad oggetto quella stessa unità.

Riprendendo l’esame dell’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. si deve sottolineare che la norma non configura tra il cedente (ex condomino) e il cessionario (attuale condomino) un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal beneficium ordinis, in virtù del quale il condominio debba rivolgersi al cedente solo dopo essersi verificato l’inadempimento del cessionario. Nel rapporto tra cedente e cessionario sussiste un vincolo di corresponsabilità solidale pura previsto dalla legge al fine di costituire un rafforzamento della tutela del credito del condominio, che, quindi, può legittimamente pretendere il pagamento dei contributi condominiali dal cedente senza doversi prima rivolgere al cessionario; eventualità in concreto ipotizzabile ogni qual volta l’escussione del cedente sia più agevole e rapida rispetto a quella del cessionario (il primo, ad esempio, potrebbe avere somme liquide su conti correnti o crediti derivanti da un rapporto di lavoro dipendente e non altrettanto il secondo, che pure è proprietario dell’immobile). Del resto, può accadere che l’amministratore del condominio non abbia neppure conoscenza della alienazione proprio perché non ha ricevuto la trasmissione della copia autentica del titolo (o della certificazione di avvenuta stipula).

L’obbligazione dell’alienante il quale non abbia trasmesso all’amministratore del condominio la copia autentica dell’atto traslativo o la dichiarazione di avvenuta stipula – analogamente a quanto avviene per l’obbligazione dell’acquirente rispetto ai contributi condominiali relativi all’anno in corso o a quello precedente il suo acquisto – opera unicamente nei rapporti (per così dire esterni) tra il condominio e i soggetti che si succedono nella proprietà della singola unità immobiliare e non anche nei rapporti interni tra alienante (ex condomino) e acquirente (nuovo condomino), data la natura personale di tale obbligazione. In altri termini, la responsabilità dell’alienante prevista dall’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. – analogamente a quella dell’acquirente ai sensi del quarto comma dello stesso articolo – non è relativa a un debito proprio ma assolve ad una funzione di rafforzamento della tutela del credito del condominio.

Preliminare di vendita e regolamentazione pattizia in merito alla responsabilità per i contributi condominiali 

La regolamentazione pattizia tra alienante e acquirente in ordine alla responsabilità per i contributi condominiali – che, come ho sottolineato in precedenza, è efficace sul piano dei rapporti interni ma non è opponibile al condominio – può rivelarsi molto utile, in chiave di giustizia preventiva, anche nei contratti preliminari stipulati.

La fattispecie per la quale è più sentita l’esigenza di una specifica regolamentazione è quella relativa all’eventualità che nel periodo intercorrente tra la conclusione del preliminare e la stipula del definitivo possa essere convocata l’assemblea condominiale al fine di deliberare in ordine a interventi comportanti innovazioni ovvero interventi di manutenzione straordinaria. Il contraente interessato a parteciparvi è, fisiologicamente, il promittente acquirente in quanto destinato a divenire il proprietario dell’immobile. Perciò risponde all’interesse delle parti  la previsione nel preliminare di una clausola che stabilisca l’obbligo del promittente venditore di rilasciare al promittente acquirente un’idonea delega al fine di partecipare a tali assemblee consentendo allo stesso promittente acquirente la più ampia libertà di decisione.

Inoltre, alla luce della descritta disciplina dettata dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., è utile, in funzione antiprocessuale, l’inserimento nei  preliminari di una clausola che obblighi il promittente venditore a versare i contributi condominiali di sua spettanza prima della stipula del contratto definitivo di vendita e a fornire al promittente acquirente un’idonea documentazione probatoria (per esempio, un’apposita dichiarazione rilasciata dall’amministratore del condominio).

Infine, sempre in funzione di giustizia preventiva, può essere utile specificare nei  preliminari chi tra i due contraenti sia tenuto al pagamento dei contributi condominiali nel periodo di tempo compreso tra la conclusione dello stesso preliminare e il definitivo. Il contenuto di tali accordi è certamente rimesso alla libertà delle parti, che possono convenire ciò che è più confacente alla realizzazione dei loro interessi in base alle peculiarità delle diverse fattispecie, al fine di raggiungere una maggiore consapevolezza in ordine alle conseguenze giuridiche delle loro pattuizioni.

In assenza di una specifica volontà delle parti può essere utile in funzione antiprocessuale prevedere che: a) saranno a carico del promittente venditore le spese condominiali ordinarie maturate sino alla data di consegna dell’unità immobiliare promessa in vendita e così pure le eventuali spese condominiali straordinarie – per quanto non ancora sostenute – deliberate dall’assemblea anteriormente alla data del preliminare, purché non in modo generico o interlocutorio ma con l’indicazione specifica dei lavori da eseguire e del relativo corrispettivo; b) saranno a carico della parte promittente acquirente le eventuali spese condominiali straordinarie deliberate successivamente alla stipula del preliminare.

La ragione di tali pattuizioni è intuitiva. Il collegamento tra le spese condominiali ordinarie e la consegna dell’immobile è legato all’effettivo godimento dell’unità immobiliare in condominio e risponde alla stessa logica che è alla base della disciplina generale dettata dal legislatore in materia di usufrutto per quanto attiene alla ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario (cfr. artt. 1004 e 1005 c.c.).

Quanto alle spese straordinarie, se la loro assunzione sia stata deliberata dall’assemblea – con le modalità in precedenza indicate – anteriormente alla conclusione del preliminare, che al loro pagamento sia tenuto il promittente venditore è giustificato dalla loro natura di obbligazioni propter rem ed è coerente al più recente orientamento della Cassazione in materia fondato, come ho sottolineato, su una convincente ricostruzione sistematica della disciplina legislativa del condominio per quanto attiene alla   ripartizione dei poteri tra amministratore e assemblea in tema di spese condominiali; inoltre, deve presumersi che in sede di trattative le parti ne abbiano tenuto conto nella determinazione del prezzo della vendita.

Infine, per le spese straordinarie deliberate successivamente al preliminare, la delega a partecipare all’assemblea conferita dal promittente venditore al promittente acquirente, con l’espressa previsione della più ampia libertà decisoria attribuita a quest’ultimo, appare lo strumento più efficace al contemperamento degli interessi delle parti in quanto rimette la valutazione e la conseguente responsabilità per le spese al soggetto destinato a beneficiare dell’incremento di valore e/o delle utilità derivanti all’immobile condominiale dall’assunzione delle stesse spese.

di Roberta Coviello

 

 



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